Pericolosa negligenza verso i bisogni di cura e assistenza dei cittadini

Lunedì 6 Novembre 2023

Pericolosa negligenza verso i bisogni di cura e assistenza dei cittadini:
rischio di depotenziare i servizi territoriali per la salute previsti dal PNRR

 
La pandemia ha reso evidenti le debolezze – che preesistevano – della rete sociosanitaria territoriale per cui l’avvento del PNRR ed in particolare la Missione 6 – Componente 1 ha rappresentato una novità determinante per infrastrutturare il territorio con le Case della Comunità, gli Ospedali di Comunità, le Centrali Operative Territoriali.

Le tappe del percorso disegnano il diverso livello di convinzione nel progetto:

  • In 17 mesi (gennaio 2021 – 31 maggio 2022) è stato costruito il programma, individuate le risorse e siglati i contratti con i soggetti attuatori;
  • In 12 mesi (ottobre 2022-2023) sono stati ridimensionati gli obiettivi.

Manifestiamo grandissima preoccupazione per la disattenzione che circonda l’assistenza sociosanitaria territoriale e chiediamo alle Regioni il massimo impegno nella attuazione rapida dei programmi oggetto dei Contratti Istituzionali di Sviluppo ed al Governo la integrazione finanziaria indispensabile per la realizzazione delle strutture contenute nella Componente 1 della Missione 6.

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Capitolo 8 – Il binomio base di Assistenza Primaria: Medico di Medicina Generale e Infermiere di Famiglia e Comunità

Capitolo 8 – Il binomio base di Assistenza Primaria: Medico di Medicina Generale e Infermiere di Famiglia e Comunità

Erica Busca, Maurizio Cancian, Pierangelo Lora Aprile, Cesarina Prandi

Indice del capitolo

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Premessa

Il tema della fragilità è trasversale agli ambiti e ai setting di cura; esso richiede un approccio continuativo nel tempo, che tenga conto della multidimensionalità della condizione. La fragilità, a seconda degli strumenti utilizzati per rilevarla, è una condizione che viene studiata e rilevata in prevalenza nella popolazione anziana over 65enne, che vive in zone urbanizzate, e nella quale la multi-morbidità e la disabilità spesso coincidono e rivestono un ruolo determinante nelle capacità di auto-cura (Battaggia, 2019; Liotta, 2017; Roppolo, 2017; Solfrizzi, 2017).

La multidimensionalità della condizione e la trasversalità fanno sì che i benefici si possano osservare se esiste un’integrazione tra i professionisti, dove il risultato è più della somma dei singoli interventi. Interventi basati sull’identificazione della fragilità potrebbero portare al riconoscimento di problemi di salute e di assistenza infermieristica insoddisfatti o sottodimensionati. Se a questo aggiungiamo che la condizione di fragilità possa essere reversibile se individuata precocemente, l’ambito delle Cure Primarie e della comunità risulta essere il luogo privilegiato in cui intercettare tale condizione. Ad oggi non esiste un percorso strutturato che consenta un riconoscimento precoce ed interventi mirati orientati alla persona e alla famiglia universalmente riconosciuti, ma esistono delle esperienze virtuose a valenza locale, regionale.

In aggiunta, gli studi condotti sulla popolazione affetta da COVID-19, hanno mostrato come la variabile fragilità incida maggiormente sugli esiti di salute rispetto all’età o alla presenza di comorbidità (Hewitt, 2020) e sul livello di assistenza richiesto alla dimissione (Vilches-Moraga, 2020). Pertanto, si rende necessario adottare strumenti condivisi per aiutare i professionisti ad orientare il processo decisionale che sottende gli interventi (Maltese, 2020).

Alla luce di queste considerazioni, il capitolo propone una breve presentazione del ruolo del Medico di Medicina Generale (MMG) e dell’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC), le caratteristiche del lavoro interprofessionale e alcuni suggerimenti e spunti di riflessione per orientare alla scelta e all’uso di strumenti condivisi di rilevazione della fragilità.

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La medicina di famiglia e l’infermieristica di famiglia e comunità

Il MMG, in Italia, si caratterizza per la scelta di fiducia, la continuità di cura, la prossimità ed accessibilità, l’impegno nell’ assistenza domiciliare integrata insieme alle altre figure delle Cure Primarie, tra cui l’IFeC. La stretta collaborazione con la professione infermieristica crea un binomio importantissimo per affrontare, nel loro complesso, i bisogni di salute della persona assistita.

Il setting assistenziale richiede un approccio nell’ottica multidimensionale in quanto ogni problema di salute si intreccia con le caratteristiche generali di ogni persona, compresa la situazione abitativa e familiare, il livello di performance individuale e lo stato cognitivo.

Per queste caratteristiche il MMG è storicamente impegnato nella assistenza a persone anziane con deficit funzionali e/o cognitivi, viene regolarmente e assiduamente contattato dagli assistiti con problemi che richiedono cure a lungo termine per malattie curabili ma non guaribili, si occupa della salute dei suoi assistiti disabili di qualunque età, in alcune Regioni italiane presta servizio anche nelle residenze per anziani e negli ospedali di Comunità.

L’IFeC è un professionista sanitario il cui focus di attenzione è la famiglia intesa come sistema, che include gli individui che si sentono di farne parte e le reti sociali che possono offrire supporto (esempio caregiver e vicinato) (Wright, 2000) e la comunità a cui la persona appartiene. Secondo le ultime indicazioni pubblicate da Agenas e dal Ministero della Salute, l’IFeC dovrebbe agire su un bacino di utenza di 2.000-3.000 abitanti e prestare servizio presso le Case della Comunità (https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=99218). Da una recente indagine, gli standard numerici di IFeC sul suolo nazionale non sono ancora stati raggiunti e attualmente è presente un numero mediano di 1 IFeC ogni 16.000 abitanti (IQR 10.000-40.000) (Martini, 2021). L’IFeC collabora all’intercettazione dei bisogni di salute in tutte le fasce di età, agisce con interventi di orientamento ai servizi, di promozione, prevenzione ed educazione sanitaria in forte integrazione con le reti sociosanitarie, le risorse della comunità e gli altri professionisti della salute (FNOPI, 2020).

Per queste caratteristiche, riassunte in estrema sintesi, il MMG e l’IFeC sono le figure con competenze sanitarie maggiormente e continuamente a contatto con il mondo della fragilità.

Tenendo in considerazione la normativa che ha istituito la figura professionale dell’IFeC (ex decreto-legge 19 maggio 202, n. 34, convertito in legge 17 luglio 2020, n.77) ancora troppo recente per valutare modelli specifici di collaborazione tra MMG e IFeC, si possono portare ad esempio le Aziende Sanitarie che hanno istituito un Dipartimento Fragilità e ipotizzare gli assi portanti dell’intervento integrato tenendo conto delle specificità dei singoli professionisti. Pur nella non esclusività legata ai ruoli, l’orientamento comune è quello di condividere interventi su un target di popolazione che si ritiene essere prioritario, ovvero verso le fasce che presentano maggiore fragilità e che potrebbero beneficiare maggiormente di azioni mirate alla mobilitazione di risorse formali e informali nello sviluppo di una logica di welfare generativo.

Il Dipartimento della Fragilità della ASST Lecco (DIFRA-ASST Lecco) è un esempio di struttura gestionale che afferisce alla Direzione Socio-Sanitaria e che risponde ai bisogni clinici, riabilitativi e sociali del cittadino “fragile” con l’obiettivo di realizzare la globalità dell’intervento terapeutico, l’intensità dell’assistenza, la continuità della cura, la gestione complessiva dei bisogni tramite percorsi diagnostico terapeutici e assistenziali domiciliari. L’offerta domiciliare per «l’area della fragilità» comprende le cure palliative e di fine vita, le cure geriatriche, le cure riabilitative, il supporto psicologico, sociale, educativo coinvolgendo le articolazioni aziendali, la medicina generale, la pediatria di famiglia, gli ospedali, le unità d’offerta residenziali e semiresidenziali, i servizi sociali comunali, le organizzazioni di volontariato e i privati al fine di garantire una presa in carico complessiva dei bisogni dei malati. Peraltro, nella stessa ASST è in corso un Progetto Pilota del Ministero della Salute in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, e il supporto di SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) che ha come obiettivo la valutazione di un modello di presa in carico territoriale delle persone fragili basato sulla collaborazione tra il MMG e l’IFeC.

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Il lavoro interprofessionale per rispondere alla complessità della situazione

Le risposte che oggi sono appropriate a fronteggiare le necessità complesse, variegate e mutevoli dei cittadini richiedono pratiche di lavoro innovative orientate alla cooperazione e all’integrazione piuttosto che a rigidi sistemi gerarchici, che nella storia della sanità hanno dimostrato i loro limiti.

La posizione che i cittadini e le persone assistite assumono nei confronti della salute e della gestione delle malattie è sempre più orientata alla partnership e co-decisione del piano di cura e trattamento. Anche nell’ambito delle Cure Primarie si assiste alla necessità di implementare forme di lavoro che siano adeguate al ventunesimo secolo e che superino definitivamente le posizioni paternalistiche della medicina.

La collaborazione interprofessionale richiede la comunicazione e la condivisione degli spazi di lavoro per garantire contatti frequenti e socialità, apprezzamento e conoscenza delle diverse pratiche e ruoli professionali, soprattutto in casi complessi e una leadership condivisa per poter affrontare conflitti e tensioni anche a livello istituzionale (Sangaleti, 2017).

Il lavoro interprofessionale nell’ambito delle cure primarie ha notevoli vantaggi, quali la condivisione fra professionisti dell’approccio alle cure guidato dalla centralità della persona assistita e della famiglia. Si genera continuità delle cure superando i modelli a silos dell’erogazione tradizionale per prestazioni; si migliora la relazione con la famiglia, si risparmia tempo, duplicazione di lavoro, lungaggini ed errori. Tuttavia, esistono abitudini e pregiudizi organizzativi che in alcuni paesi ne ritardano l’applicazione e la diffusione (Sangaleti, 2017).

L’esperienza del lavoro di squadra e di collaborazione interprofessionale dei professionisti sanitari è determinata dal paradigma biomedico, dalla divisione sociale del lavoro, dalle prestazioni di servizi nella rete di riferimento e dalle rare esperienze di formazione specifica al lavoro di squadra durante gli studi universitari e sul posto di lavoro. Le raccomandazioni del Joanna Briggs Institute tengono in considerazione tutti questi elementi e indicano ai professionisti medici e infermieri e altri professionisti dei team di condividere spazi di lavoro, dedicare tempo alla relazione e alla comunicazione, investire in una leadership condivisa e nella conoscenza dei ruoli e responsabilità dei membri del team e comprendere che l’obiettivo comune del lavoro di squadra nelle Cure Primarie è l’assistenza sanitaria che equivale a rispondere ai bisogni sanitari.

Il modello di assistenza interprofessionale di Bodenheimer sviluppato nell’ambito della cronicità include sei componenti: supporto all’autogestione delle persone, sistemi informativi clinici condivisi, riprogettazione del sistema di consegna, supporto decisionale, organizzazione sanitaria e risorse della comunità (Bodenheimer, 2002).

Il modello degli “ingranaggi” sviluppato da Mulvale nell’ambito delle Cure Primarie identifica i fattori a livello macro-meso-micro associati alla collaborazione interprofessionale. Tredici dei diciotto fattori risultano essere collocati a livello micro caratterizzando la struttura, i processi e l’attitudine del team. Insieme, questi ingranaggi si muovono secondo un approccio input-processo-output (Mulvale, 2016).

Inoltre, sono stati convalidati precisi modelli indicatori per la collaborazione tra medici di base e infermieri (Dougherty, 2005).

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Proposte di strumenti condivisi per identificare e valutare la fragilità

Fragilità e multi-morbidità condizionano pesantemente gli outcome di salute e assistenza, quali riacutizzazioni, ricoveri e mortalità; rispetto a questo l’identificazione precoce della fragilità potrebbe consentire una definizione e stratificazione, pianificando piani di assistenza ad hoc che possono limitare le riacutizzazioni, prevenire alcune complicanze e nel complesso migliorare la qualità della vita.

Nella popolazione identificata come fragile vanno successivamente identificate le persone che si stanno avvicinando alla fine della vita e richiedono quindi un approccio palliativo, i pazienti con fragilità clinicamente stabili a contenuto prevalentemente sociale, le situazioni di fragilità insorte a seguito di traumi o patologie acute che potrebbero giovarsi di un intervento riabilitativo e preventivo.

L’ identificazione in corso di assistenza, secondo un modello opportunistico, dati gli attuali carichi di lavoro dei professionisti risulterebbe parziale. Si propongono, pertanto, due ipotesi di screening iniziale di popolazione.

Il primo approccio consiste nell’utilizzare algoritmi che consentano di estrarre, sulla base dei registri utilizzati nelle Cure Primarie, informazioni utili per valutare la fragilità. Il sistema inglese ha dimostrato una elevata predittività rispetto alla mortalità a un anno nei pazienti con età compresa tra i 65 ed i 100 anni (Hippisley,2017). Recentemente la SIMG ha validato un indice di fragilità (Healt Search Frailty Index), parametro basato sul rapporto tra il numero di deficit (malattie, disabilità, sintomi etc.) manifestati da un individuo e il numero totale dei parametri valutati. L’applicazione dell’algoritmo è in grado di ottimizzare l’utilizzo delle informazioni disponibili in Health Search al fine di costruire uno strumento affidabile dotato di elevata predittività in diversi gruppi di età (https://report.healthsearch.it/Report_XIV.pdf?anno=2021). Lo strumento è attualmente in uso ed inserito nei programmi gestionali dei MMG e consente uno screening della popolazione assistita senza necessità quindi della presenza del paziente e produce una lista di assistiti fragili (lievi-moderati-gravi). L’utilizzo di un indice di fragilità viene inoltre raccomandato nella linea guida inter-societaria per la gestione della multi-morbidità e della poli-farmacoterapia per identificare la popolazione a maggior rischio di ospedalizzazione e di attesa di vita limitata (https://snlg.iss.it/wp-content/uploads/2021/10/LG-314-SIGG_multimorbilit%C3%A0-e-polifarmacoterapia_rev3.pdf).

Un secondo approccio è l’utilizzo di uno strumento, prodotto all’interno del progetto SUNFRAIL, finalizzato allo screening precoce e alla prevenzione della fragilità nelle persone over 65enni in un contesto di Cure Primarie e di comunità. Recentemente il gruppo di lavoro del Programma Mattone Internazionale Salute, composto dalle Regioni Campania, Liguria, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana e la PA di Trento, ha pubblicato una guida per approcciare l’identificazione precoce della fragilità e dei suoi fattori di rischio nella popolazione anziana. (https://www.promisalute.it/upload/mattone/documentiallegati/Documento_fragilit_final_13660_9288.pdf)Lo strumento è composto da 9 item che esplorano i domini bio-fisico, psicologico-cognitivo e socio-economico. SUNFRAIL non fornisce punteggi di rischio, ma attiva alert sulle diverse dimensioni della fragilità, in modo da poter sollecitare un intervento specifico. Recenti studi ne consigliano l’utilizzo, anche in virtù dell’alto potere predittivo negativo (Maggio, 2020). Lo strumento è utilizzabile sia da medici che da IFeC, ed è stato adottato in Italia attraverso il progetto Europeo CoNSENSo (COmmunity Nurse Supporting Elderly iN a changing Society).

Entrambi gli approcci consentono di sviluppare dei percorsi di cura e assistenza individualizzati, che hanno come primo step una valutazione multidimensionale (VMD) delle problematiche e delle necessità cliniche dell’anziano fragile. La necessità della VMD nasce per affrontare il problema della complessità dei bisogni. In ambito sanitario vi è la tendenza di scomporre i problemi nel tentativo di risolverli, piuttosto che cercare di comprendere le relazioni esistenti tra loro e che ne determinano la complessità (Miles, 2009; Sturmberg, 2009). Per gestire le dinamiche di un sistema complesso, tutti i fattori devono essere valutati contemporaneamente nel cosiddetto approccio “sistemico” Multidimensionale, basato appunto sulla valutazione “globale” delle relazioni e delle interdipendenze. I requisiti ideali di uno strumento di VDM sono: la completezza delle dimensioni indagate, la chiarezza negli ‘item’, la semplicità di somministrazione, la buona capacità di identificare le aree problematiche ed i bisogni, la possibilità di essere uno strumento di monitoraggio degli outcome dell’assistenza e la possibilità di accompagnare la persona assistita nelle diverse fasi di malattia e nei diversi setting assistenziali. Uno strumento di VDM non viene utilizzato a fini diagnostici, non fornisce un Piano Assistenziale in modo automatico né genera soluzioni automatiche ai vari bisogni individuati.

Gli strumenti per la VMD si possono classificare in tre categorie omogenee (Bernabei, 2008). La prima generazione, ancora largamente utilizzata, comprende strumenti che indagano specificatamente una sola area problematica: sono acronimi molto noti come ADL (Activities of Daily Living), IADL (Instrumental Activities of Daily Living), Mini Mental State examination. La seconda generazione comprende strumenti a valenza omnicomprensiva (>350 item), specifici per setting assistenziale e che includono valutazioni di sintomi, scale e trattamenti. Infine, la terza generazione rappresenta la fase più evoluta di questi strumenti che sono modulari (70 % item comuni, 30% setting ‘specifici’), favoriscono la continuità delle informazioni, facilitano la gestione, supportano la Pianificazione dell’assistenza attraverso ausili per la stesura del Piano Assistenziale Individuale focalizzando i “trigger” che richiedono maggiore attenzione.

Da un’indagine condotta su 44 medici del gruppo SIMG, ai fini della stesura del capitolo, è emersa una certa eterogeneità negli strumenti di VMD in uso (prima, seconda e terza generazione). Lo scopo principe di utilizzo è la necessità di attivare un approccio palliativo e di cure anticipatorie o l’inserimento presso strutture di assistenza semi-residenziali e residenziali per gli anziani “gravemente” fragili.

Sui soggetti “moderatamente” fragili che non accedono né a setting specifici né ad approccio palliativo è possibile ipotizzare l’applicazione di un modello proattivo dell’assistenza. MMG e IFeC effettuano, ciascuno per i propri ambiti di competenza, una serie di valutazioni inerenti allo stato nutrizionale, la terapia farmacologica (de-prescrizione/riconciliazione terapeutica, aderenza terapeutica), la presenza di deficit sensoriali (Vista/Udito) etc., programmando l’eventuale rinvio a specialisti e interventi a valenza preventiva. Da un recente studio condotto in ambito piemontese, i professionisti riferiscono una certa difficoltà nell’implementare interventi di prevenzione della fragilità. Gli utenti, infatti, spesso non riconoscono di averne bisogno e se accettano l’intervento, la burocrazia e la mancanza di un’integrazione effettiva dei servizi, risultano elementi ostativi (Obbia, 2020).

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Aspetti rilevanti

Il Report dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) del 30 maggio 2020 “Realising the Potential of Primary Health Care” ribadisce l’importanza di sviluppare nuovi modelli di assistenza sanitaria territoriale, basati sull’integrazione dei professionisti nel contesto di una rete di servizi sanitaria strutturata (OCSE, 2020). Il territorio va infatti considerato il luogo per rispondere in modo più efficace, appropriato e sostenibile ai nuovi bisogni di salute determinati dalla transizione epidemiologica e demografica in atto, tramite lo sviluppo di team multi-professionali composti da medici, infermieri e altri operatori sanitari, dotati di strumenti di tecnologia digitale e con modalità di lavoro a forte integrazione ospedale-territorio.

La grave emergenza COVID-19 ha rilevato l’inefficienza del sistema territoriale e ora più che mai è necessario un cambiamento deciso per garantire percorsi integrati di cura previsti dall’art. 21 del dpcm 12 gennaio 2017 sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), per la presa in carico reale delle persone, tenendo conto delle fragilità non solo cliniche ma anche funzionali e sociali e della vulnerabilità dei cittadini alle varianti del virus.

La condizione di fragilità dell’utenza percepita dai professionisti ci mostra come la popolazione anziana sia sempre più sola, multi-morbida e povera (Obbia, 2020).

Per portare alcuni dati sull’incidenza della fragilità nella popolazione anziana, da uno studio condotto nel nord Italia, sugli utenti di 11 MMG in associazione (17.076 assistiti), è emerso che, utilizzando l’estrazione automatica dei soggetti fragili con lo strumento HS-Frialty-Index (descritto in questo capitolo), 1.808 assistiti avevano almeno un livello di fragilità. Di questi sono risultati con fragilità lieve 1.120, con fragilità moderata 442 e con alto livello di fragilità 246 soggetti. Tenendo in considerazione il numero di IFeC che dovrebbero essere assegnati alla popolazione assistita, risulta chiaro che il carico di lavoro per entrambe le figure (MMG e IFeC) cambia in modo significativo se gli assistiti fragili candidati a setting specifici possano effettivamente essere presi in carico dalle strutture di riferimento (es: Residenze Sanitarie Assistenziali, Assistenza Domiciliare Integrata, Unità Cure Palliative Domiciliare). In ogni caso gli interventi proposti per i soggetti moderatamente/lievemente fragili richiedono un impegno costante, strumenti validati per l’identificazione, tecnologia per la tecno-assistenza e sistemi per la interconnessione tra MMG e IFeC. Inoltre, la condivisione degli stessi spazi da parte dei professionisti potrebbe facilitare molto gli interventi che prevedono una stretta collaborazione. Da ultimo, ma non meno importante, saranno gli aspetti formativi a determinare il successo della iniziativa poiché né i Master per l’IFeC né il Corso di Formazione Specifico per MMG sono di per sé sufficienti a garantire l’efficacia e l’efficienza del modello.

In sintesi, per ogni modello organizzativo non saranno sufficienti disponibilità dei MMG e presenza di IFeC, ma si dovranno progettare percorsi specifici personalizzati coerenti con i bisogni e in relazione alla complessità, responsabilizzando tutte le componenti professionali, prevedendo una flessibilità della organizzazione, centrando l’attività manageriale sul governo clinico, con una dotazione di strumenti ICT (Information and Communication Technologies) per la gestione e la condivisone dei flussi previa formazione specifica di tutti gli operatori coinvolti.

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Acronimi

  • ADL: Activities of Daily Living
  • ASST: Aziende Socio Sanitarie Territoriali
  • CoNSENSo: COmmunity Nurse Supporting Elderly iN a changing Society
  • IADL: Instrumental Activities of Daily Living
  • ICT: Information and Communication Technologies
  • IfeC: Infermiere di Famiglia e Comunità
  • LEA: Livelli Essenziali di Assistenza
  • MMG: Medici di Medicina Generale
  • OCSE: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
  • SIMG: Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie
  • VMD: Valutazione Multidimensionale

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Glossario

  • Activities of Daily Living: scala per la valutazione del livello di autonomia nelle attività quotidiane di base: lavarsi, vestirsi, minzione/evacuazione, spostarsi in casa, continenza, mangiare
  • Disabilità definita dall’OMS come una qualunque limitazione o perdita della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano, tuttavia l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) in una più recente definizione sottolinea la difficoltà di “funzionamento” della persona sia a livello personale, sia nella partecipazione sociale. https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/42417/9788879466288_ita.pdf
  • Fragilità è definita non solo in termini di riduzione delle riserve funzionali come risultante del declino cumulativo dei sistemi fisiologici (Fried, 2004) ma anche come stato dinamico con perdita di uno o più domini funzionali (fisico, psichico e sociale), che espone la persona al rischio di esiti avversi (Gobbens, 2010).
  • Instrumental Activities of Daily Living: scala per la valutazione del livello di autonomia in attività quotidiane più complesse (telefonare, fare la spesa, preparare i pasti, fare lavori domestici, guidare o usare mezzi pubblici, gestire i farmaci, usare il denaro)
  • Multi-morbidità definita come la presenza di due o più patologie croniche. Il concetto tiene conto dell’influenza che ciascuna patologia esercita sull’altra a tal punto da definire una nuova entità nosologica.

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Bibliografia

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Solfrizzi V, Scafato E, Lozupone M, Seripa D, Giannini M, Sardone R, Bonfiglio C, Abbrescia DI, Galluzzo L, Gandin C, Baldereschi M, Di Carlo A, Inzitari D, Daniele A, Sabbà C, Logroscino G, Panza F, Italian Longitudinal Study on Aging Working Group. (2017). Additive Role of a Potentially Reversible Cognitive Frailty Model and Inflammatory State on the Risk of Disability: The Italian Longitudinal Study on Aging. The American journal of geriatric psychiatry: official journal of the American Association for Geriatric Psychiatry, 25(11), 1236–1248.

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Wright L, Leahy M. (2009). Nurses and families: A guide to family assessment and intervention. (5th ed.) Philadelphia: F.A. Davis Company.

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Salute, medicina e dintorni. Consigli semplici per orientarsi in un mondo complessoSalute, medicina e dintorni.

Lunedì 30 Ottobre 2023

Epidemie, cambiamenti climatici, migrazioni, povertà, sono problemi complessi che investono contemporaneamente la sfera politica, economica, sociale, biologica, spirituale e vanno affrontati secondo una prospettiva sistemica, cioè prendendo in considerazione non tanto i singoli elementi coinvolti nell’evento, quanto la complessa struttura, spesso ignota, delle loro relazioni. Ciò significa che bisogna modificare profondamente la concezione della realtà in cui viviamo, a partire dalla metafora attraverso la quale osserviamo il mondo: non una macchina costituita da ingranaggi che si possono isolare e sostituire, ma una rete di nodi inseparabili, le cui proprietà non sono predefinite ma “emergono“ dalle relazioni che si instaurano tra di essi.

Un libro di Antonio Bonaldi, cofondatore e già presidente di Slow Medicine, divulgativo ma significativo anche per gli “addetti ai lavori”: mostra che la salute riguarda la vita più che la medicina e che in gran parte dipende dalle nostre scelte.

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Una sfida per la Sanità Pubblica: prevenzione e gestione delle fragilità – Pubblicazione Online Capitolo 6

Lunedì 23 Ottobre 2023

“(…) Sono lasciati ampi spazi decisionali alle Regioni e alle singole AUSL in merito alla vocazione da dare alle Case della Comunità da attivare, che può variare a seconda dei servizi inseriti e, di conseguenza, degli obiettivi perseguiti. Esistono tre diversi modelli possibili di “Case”: la Casa della Salute, la Casa Socio-sanitaria e la Casa della Comunità.”

Una sfida per la Sanità Pubblica: prevenzione e gestione delle fragilità. Traiettorie di lavoro per Professionisti della Salute, 2022

 

È disponibile online il 6° capitolo “Costruire il lavoro di comunità per il supporto alle fragilità” del volume “Una sfida per la Sanità Pubblica: prevenzione e gestione delle fragilità. Traiettorie di lavoro per Professionisti della Salute”il quale:

  • propone una riflessione sulle possibili vocazioni che le Case della Comunità possono assumere, in particolare rispetto al lavoro di comunità;
  • discute il framework che concettualizza la comunità come insieme di reti sociali, che diventano una piattaforma sulla quale poter operazionalizzare il lavoro di comunità;
  • presenta le possibili logiche e gli strumenti necessari per attuare il lavoro di comunità.

Per approfondire, accedi a

AGENAS pubblica le “Linee di indirizzo Infermiere di Famiglia o Comunità”

Lunedì 16 Ottobre 2023

AGENAS ha recentemente pubblicato il documento tecnico “Linee di indirizzo Infermiere di Famiglia o Comunità”: un lavoro che trae origine dagli interventi previsti dalla Missione 6 Componente 1 del PNRR e, in particolare, dalla riforma del nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale.

Il gruppo di lavoro coordinato da AGENAS che ha realizzato le nuove linee si è avvalso del contributo di APRIRE, che aveva promosso il percorso collaborativo “Rete dei Master IFeC” e la redazione del documento “precursore” Infermieristica di Famiglia e di Comunità: Linee di indirizzo della Rete dei Master delle Università Italiane per la formazione dell’IFeC.

Accedi alla scheda informativa e alle linee guida


“L’IFoC è un dipendente del SSR che afferisce al distretto sanitario e si inserisce nell’organizzazione territoriale aziendale, all’interno delle Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali, Ospedali di Comunità e Unità di Continuità Assistenziale.

È necessario che sia sostenuto il superamento del modello prestazionale, che sinora ha caratterizzato l’attività degli infermieri nei servizi territoriali e che l’IFoC svolga una funzione integrata e aggiuntiva a tali interventi, attraverso la realizzazione di modelli di prossimità e di iniziativa.

Va realizzata la possibilità di condividere in modalità strutturate lo stesso bacino di utenti, definito e circoscritto sulla base di criteri geografici, con gli altri professionisti, tra cui in particolare il MMG e il PLS al fine di creare una vera équipe multiprofessionale che si costituisce in relazione alle caratteristiche sociali ed epidemiologiche, come elementi determinanti una comunità e i suoi bisogni, e divenire punto riferimento per la popolazione assistita.

[dalle “Linee di indirizzo Infermiere di Famiglia o Comunità – AGENAS