Formazione e ricerca in Cure Primarie

Martedì’ 26 April2 2022

È online la 7^ sezione de “Il Libro Azzurro per la riforma delle Cure Primarie in Italia, indirizzata all’argomento Formazione e ricerca in Cure Primarie“:


Formazione e ricerca in Cure Primarie: perché?

Nel 2011, WONCA Europe definisce la Medicina Generale/Medicina di Famiglia una disciplina accademica e scientifica, con propri contenuti educativi e di ricerca, proprie prove di efficacia, una propria attività clinica e una specialità clinica orientata alle Cure Primarie (WONCA, 2011).
Ogni Stato membro in Europa deve quindi riconoscere pienamente la disciplina e la specialità della Medicina di Famiglia (WONCA et al, 2018). In una logica di PHC, la definizione WONCA può essere applicata a tutti i professionisti che lavorano nelle Cure Primarie.
Nota: quanto sotto tratta in maniera più approfondita la formazione delle figure mediche e infermieristiche, delle quali gli autori hanno maggiore conoscenza. Tuttavia, il nodo della formazione riguarda tutte le professioni della salute coinvolte nelle Cure Primarie.

Formazione e ricerca in Cure Primarie: criticità attuali

A livello internazionale

  • La formazione dei professionisti della salute non è adeguata alle trasformazioni epidemiologiche, demografiche e sociali dell’ultimo secolo. È inoltre frammentata, basata su profili professionali spesso sorpassati e non integrati, non adeguata ai bisogni della popolazione, non finalizzata al lavoro di equipe, dotata di elevato tecnicismo ma incapace di comprendere il contesto, orientata alla gestione di singoli episodi di cura piuttosto che alla continuità e longitudinalità delle cure, ospedalocentrica, con prevalenza di dati quantitativi.

  • Secondo il rapporto della Commissione Lancet del 2010 (Frenk et al, 2010), l’ultima generazione di riforme educative deve orientarsi al miglioramento dei rendimenti dei sistemi di servizi sanitari attraverso un apprendimento, non più solo informativo (mirato alla produzione di “esperti”) né formativo (mirato alla produzione di “professionisti”) bensì trasformativo, mirato alla produzione di “agenti di cambiamento” con competenze di leadership, advocacy e lavoro in equipe, capaci di mobilizzare conoscenze, impegnarsi in ragionamenti critici e condotte etiche. La sola memorizzazione dei contenuti non è più adeguata al tempo odierno data l’ampia accessibilità alle informazioni: è necessario saper gestire la grande mole di informazioni e saper estrarre da esse solo le informazioni utili al contesto.

A livello nazionale

  • Mancato riconoscimento accademico:

    • formazione sanitaria pre-laurea ospedalocentrica che promuove cultura e identità professionali ospedalocentriche e iperspecialistiche;

    • assenza o marginalità di un insegnamento nei diversi corsi di laurea di area sanitaria in Cure Primarie – Medicina Generale – Medicina di Famiglia e Comunità – PHC;

    • assenza o marginalità di didattica extraospedaliera;

    • assenza nel corso di studi di esami in Medicina Generale, assenza di docenti e marginalità di tirocini territoriali;

    • assenza di uno specifico Settore Scientifico Disciplinarededicato a PHC;

    • marginalità di investimenti in ricerca clinico-assistenziale territoriale.

  • L’assenza di un insegnamento specifico ufficialmente riconosciuto, non solo restringe le possibilità di ricerca e di formazione, ma riduce l’attrattiva della formazione in Cure Primarie, perpetuando la svalutazione dei professionisti non ospedalieri e la qualità delle cure da essi prestate (Borelli, 2021). Ciò ha contribuito a uno svilimento della Medicina Generale e delle Cure Primarie, con il diffondersi comune dell’idea erronea che esse consistano in cure non specializzate, “di serie B” (Rubatto et al, 2021).

  • Assenza di corsi integrati tra le diverse figure professionali con conseguente mancanza dello sviluppo di competenze e modalità di gestione interprofessionali nel settore delle Cure Primarie, nel Distretto e nelle cure domiciliari

Area medica:

  • Corsi di Formazione Specifica in Medicina Generale (CFSMG): a gestione regionale, non accademica e in assenza di parametri di qualità verificabili dei docenti MMG/specialisti;

  • Scuola di Specializzazione in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie: presenta numeri esigui e al momento gli specialisti non possono esercitare la medicina generale; è una specializzazione universitaria completa nel trasmettere le competenze di medicina di comunità, ma rischia di essere carente nel proporre un profilo di competenze cliniche peculiare della medicina territoriale;

  • Scuola di Specializzazione in Igiene e Salute Pubblica e Medicina Preventiva: insegnamento in PHC presente solo occasionalmente (Patano et al, 2018).

Area infermieristica:

  • Master Infermieristica di Famiglia e Comunità (IFeC): marginali e disomogenei, persino nella denominazione. I risultati conseguiti sono periodicamente valutati dall’OCSE che registra per l’Italia un ritardo legislativo e formativo che penalizza il contributo professionale all’interno delle Cure Primarie. I master di primo livello offerti da pochissime università non trovano attualmente alcun riconoscimento contrattuale e i costi sono a carico dei professionisti;

  • le Linee Guida regionali attuative della legge 77/20 e delle indicazioni della Conferenza Stato-Regioni sono ancora in fase di definizione. Il rischio è che si scelgano percorsi di specializzazione disomogenei e minimali, penalizzando le potenzialità del ruolo;

  • è stato delineato un core curriculum, ad opera di operatori del settore, sottoposto alla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, che può confluire dal master di primo livello in laurea magistrale clinica e costituire la base per programmi interdisciplinari. Tale proposta recepisce le competenze delineate dalla FNOPI nel Position Statement pubblicato nel 2019.