Cap. 17 – Educazione alla salute nei Consultori familiari

Capitolo del Manuale per operatori “educare alla Salute e all’Assistenza”

Autori: Miriam Gambarini, Cristina Marconi, Fernanda Maturilli

Indice

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STORIA E SVILUPPO DEI CONSULTORI FAMILIARI IN ITALIA

I Consultori Familiari pubblici in Italia sono stati ufficialmente previsti con la legge quadro 405 del 1975 e, già nella quasi totalità delle leggi regionali costitutive di questi servizi in seguito alla sua emanazione, veniva individuato come loro compito prioritario la promozione ed educazione alla salute della donna, della coppia, della famiglia e della comunità con particolare riferimento alla sfera sessuale ed affettiva, alla procreazione libera e consapevole e alla prevenzione delle cause patogene di ostacolo ad una sana vita sessuale ed alla procreazione.

Il servizio dunque nasceva alla luce di un nuovo concetto di salute intesa non più come mera assenza di malattia, ma come “completo benessere fisico psichico e sociale”, come indicato nel 1946 dall’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS). Anche grazie allo svilupparsi delle discipline psicologiche e sociali era gradualmente maturata in chi si occupava di sanità pubblica, la consapevolezza che fosse necessaria una nuova modalità di approccio alla salute, considerando la persona nella sua completezza e complessità per rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni promuovendone il benessere.

La traduzione concreta di questi concetti ha portato il legislatore a prevedere all’interno del nuovo servizio la compresenza di molteplici figure professionali; ad esempio, in Lombardia, la legge 44 del 1978 stabilisce la presenza di assistente sociale, laureato o specializzato in psicologia, medico specialista in ostetricia e ginecologia, medico specialista in pediatria, ostetrica, assistente sanitaria visitatrice, prevedendo che si possa inoltre integrare questo gruppo di operatori, con altre figure professionali ed avvalersi di volta in volta di altri specialisti. Tale legge, come la maggior parte delle leggi regionali istitutive dei Consultori in Italia, specifica anche che gli operatori individuati “operano secondo modalità di lavoro di gruppo in collegamento con gli altri operatori pubblici sanitari, scolastici e sociali presenti nella zona”.

Si era compreso che, per rispondere in modo efficacie ai bisogni dei singoli e della comunità in materia di salute, fosse necessario guardare alla persona in modo integrato, dai diversi punti di vista disciplinari; l’equipe multiprofessionale diventa quindi il fulcro del lavoro consultoriale, il “cuore pulsante” del servizio.

Accanto a questo, e di altrettanta importanza, è stata la maturazione del concetto di partecipazione e coinvolgimento attivo della persona/utente come elemento necessario ed imprescindibile nel processo di costruzione/mantenimento del suo benessere.

La consapevolezza della necessità della partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione del benessere della Comunità, già presente nel movimento culturale che aveva portato anche alla costituzione di Consultori, è andato via via sviluppandosi ed arricchendosi ulteriormente con la crescita e l’integrazione degli studi psicologici, sociologici ed epidemiologici in un movimento culturale e scientifico che ha trovato la sua espressione a livello mondiale nel 1986 attraverso la carta di Ottawa per la promozione della salute.

Questo documento ha costituito la sintesi fondamentale delle premesse teoriche a partire dalle quali si sono sviluppati negli anni seguenti studi interdisciplinari che hanno prodotto molteplici modelli per la costruzione di progetti di promozione ed educazione alla salute individuando pratiche di provata efficacia, un processo complesso tuttora in atto che sconta la difficoltà nel tradursi dentro l’organizzazione delle istituzioni spesso rigide ed in difficoltà di fronte al cambiamento ed a tradurlo in operatività.

Anche nei Consultori ci si è scontrati con queste difficoltà, con il passare degli anni per varie e complesse ragioni storiche sociali ed economiche; a livello nazionale il servizio si è sviluppato a macchia di leopardo con modalità operative molto differenziate. Attualmente si va dalla tendenza alla medicalizzazione, alla netta separazione tra le azioni psicosociali e quelle sanitarie; il senso originario del servizio consultoriale è andato quindi via via alterandosi in modo più o meno marcato, a seconda delle diverse realtà territoriali, portando progressivamente questi importanti servizi a caratterizzare le proprie attività secondo modalità eccessivamente sanitarizzate, a detrimento della necessaria integrazione sociosanitaria.

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LA STRUTTURA E LE PROFESSIONALITÀ DEL CONSULTORIO FAMILIARE

I Consultori familiari negli anni sono cambiati molto come le donne e le famiglie che li frequentano e anche le operatrici e gli operatori. Spirito e sostanza delle leggi sono lentamente ma progressivamente cambiati perdendo il carattere esperienziale, di laboratorio sociale e culturale sulla sessualità, peraltro con grandi diversità attuative regionali. Complessivamente, oggi predomina l’aspetto sanitario, in una logica di “prestazioni da erogare”: prevale un’organizzazione per appuntamenti e con un singolo operatore: ginecologo, ostetrica, psicologo, assistente sociale. Naturalmente il consultorio risponde anche a situazioni urgenti per le quali le donne vanno accolte immediatamente (contraccezione d’emergenza) o entro pochi giorni (gravidanza non voluta, dubbio di maltrattamenti/violenza sessuale, gravidanza iniziale…). Ciò nonostante, l’impianto del consultorio dovrebbe essere improntato in una logica multiprofessionale e di forte interazione con le altre realtà, non solo socio-sanitarie, ma anche educative, ricreative, culturali.

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Multiprofesionalità e cooperazione in consultorio: il lavoro d’équipe

Benché tutti gli ordinamenti delle professioni psico-socio-sanitarie individuino le specifiche competenze della professione per promuovere salute e benessere delle persone, peraltro favorendone il ruolo attivo, sottolineano la necessità della collaborazione ed integrazione con le altre professioni per raggiungere l’obiettivo. La capacità di lavorare in gruppo costituisce quindi una delle competenze di ogni professionista, soprattutto se opera nel consultorio. Il lavoro in equipe viene individuato come il metodo più efficace per favorire il raggiungimento degli obiettivi consultoriali, tutelando peraltro ogni professionista da rischi di isolamento e di burnout: il gruppo di lavoro, una vera e propria risorsa, “è un lavoro condotto da un insieme di professionisti aventi un obiettivo in comune che viene affrontato operando in gruppo” (Cavazzuti, 1990). Contrariamente a quanto è credenza comune, non è una competenza che si improvvisa, ha specifiche regole e requisiti per essere efficace. Cooperare significa:

  • Saper comunicare con chiarezza
  • Saper negoziare
  • Accettare il confronto
  • Possedere tecniche di ascolto (passivo e attivo)
  • Saper dare e ricevere feedback
  • Saper formulare messaggi di confronto in prima persona.

Nei consultori sono stabiliti tempi istituzionalmente riconosciuti per l’incontro tra tutti gli operatori, ma è fondamentale che vengano stabiliti gruppi di lavoro specifici, in particolare finalizzati alla realizzazione di progetti di educazione e promozione della salute, e luogo di:

  • condivisione degli obiettivi nazionali, regionali e locali, specificamente individuati in relazione al contesto territoriale
  • condivisione di informazioni,
  • programmazione delle attività
  • lettura dati relativi al lavoro svolto e alle richieste pervenute
  • valutazione della efficacia delle modalità operative attivate in relazione agli obiettivi assegnati.

Il gruppo di lavoro, costituendo uno spazio fisico/temporale di pensiero condiviso, diventa quindi uno strumento consultoriale per impostare un lavoro efficace per la promozione e l’educazione alla salute, realmente mirato alla realtà ed alle persone con cui si va ad operare.

Ogni professionista è chiamato a mettere a disposizione le proprie competenze e la propria formazione perché questo lavoro risulti qualitativamente significativo. Ad esempio, nella fase della definizione del contesto sui cui si voglia operare saranno necessarie: le competenze sociali per l’individuazione e la lettura delle caratteristiche e delle risorse del territorio; quelle psicologiche per la rilevazione delle risorse interne delle persone, la propensione/resistenza al cambiamento; quelle sanitarie per la rilevazione dei comportamenti a rischio per la salute messi in atto dalle persone/utenti del territorio di appartenenza.

L’approccio multi professionale integrato consente cioè di considerare uno stesso problema da più punti di vista, tenendo conto di molteplici determinanti per la salute; garantisce inoltre la possibilità di utilizzo di strumenti di lettura e di intervento diversificati e di agire quindi in modo più efficace sui fattori che vanno considerati se si vuole perseguire un reale cambiamento di comportamento nelle persone:

  • Fattori predisponenti (conoscenze, valori credenze atteggiamenti)
  • Fattori abilitanti: (le modifiche ambientali-apprendimento di tecniche ed abilità-possibilità di usufruire di percorsi ed esperienze)
  • Fattori rinforzanti (possibilità di condivisione di esperienze tra i pari-sostegno degli operatori).

Questo approccio è altrettanto importante e va utilizzato anche quando si considerano le persone singole, le coppie ed i nuclei famigliari che si rivolgono al servizio. Di fronte alla richiesta di aiuto che perviene in consultorio esiste una modalità operativa “trasversale” alle diverse professionalità presenti, che deve essere attivata da ogni operatore che entra in contatto con la persona/utente:

  1. Un atteggiamento accogliente rispettoso e non giudicante, che faciliti il costruirsi di una relazione di fiducia
  2. La comunicazione e condivisione con la persona/utente che l’operatore, anche quando agisce da solo, opera all’interno di un contesto di equipe e che questo costituisce una risorsa per lui e per l’utente stesso
  3. La rilevazione/definizione del bisogno/problema, con l’attenzione a far emergere quali conoscenze, atteggiamenti ed azioni attivate la persona presenti nei confronti del problema stesso
  4. La rilevazione delle competenze della persona che la stessa possa attivare nell’affrontare la situazione
  5. L’individuazione condivisa delle modalità/risorse sia della persona che del contesto famigliare ed allargato, per affrontare/superare la problematica emersa
  6. L’individuazione delle modalità di monitoraggio/verifica.

Se la situazione risulta essere particolarmente complessa, o richiede competenze diversificate, dopo aver sviluppato i punti 1, 2, 3, l’operatore, in accordo con la persona utente, deve avvalersi del coinvolgimento di colleghi di altre professionalità con i quali costituire una così detta “equipe tecnica”, all’interno della quale condividere le informazioni raccolte, individuare eventualmente altri approfondimenti, e costruire quindi in modo condiviso e partecipato con l’utente stesso un piano di lavoro personalizzato per migliorare la propria situazione di salute, intesa nella sua ampia accezione di cui si è precedentemente parlato, e che vedrà la compresenza delle diverse competenze sia nella fase di definizione che di realizzazione e verifica.

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La cooperazione del consultorio famigliare con gli altri servizi/figure professionali

Sia nella costruzione di efficaci progetti di promozione della salute rivolti a fasce di popolazione che nella costruzione dei piani personalizzati con i singoli utenti, accanto alle risorse interne del servizio consultoriale, rivestono una importanza rilevante le risorse del territorio costituite da altri servizi e figure professionali esterni al consultorio stesso. È quindi fondamentale che l’equipe consultoriale lavori in funzione della costruzione di una rete di conoscenza e collaborazione.

Per quanto riguarda in particolare l’area sanitaria è strategico il rapporto con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, il servizio di neuropsichiaria infantile, i reparti di ostetricia e ginecologia, il dipartimento di salute mentale.

Per rendere più efficace e fluida la collaborazione tra i dieveri attori, risulta utile lo strumento protocollo di intesa, per condividere, ad esempio, obiettivi, modalità operative e di comunicazione tra consultori e:

  • i punti nascita, con il “Percorso Nascita”, in funzione di tutela e empowerment della donna col suo bambino, in tutti i passaggi, dal concepimento al puerperio
  • il servizio di neuropsichiatria Infantile, per la presa in carico e valutazione di minori con bisogni speciali
  • i pronto soccorso degli ospedali, per l’accoglienza e assistenza delle vittime della violenza.

Questi strumenti, importanti, vanno periodicamente monitorati, rivalutati e rivisti in funzione dei mutamenti del contesto, dei bisogni delle persone e delle realtà istituzionali in modo che non si trasformino nel tempo in contenitori vuoti e routinari.

La scuola è un’altra realtà con la quale è fondamentale per il consultorio costruire canali di collaborazione in relazione all’educazione e promozione della salute. Spesso, nella costruzione del progetto di aiuto personalizzato rivolto a ragazzi in difficoltà dal punto di vista relazionale/psicologico/sociale, poter lavorare in collaborazione con gli insegnati oltre che con la famiglia, costituisce un elemento di forza e di efficacia; è fondamentale per il ragazzo sentire “alleati” in suo favore gli adulti significativi che lo sostengono nel suo sforzo per la crescita in modo coerente e condiviso. Un rapporto di interscambio con le scuole, in particolare quelle dell’obbligo scolastico, consente inoltre di costruire progetti di prevenzione ed educazione alla salute che possono raggiungere una grande fetta di popolazione in anni preziosi per la predisposizione al cambiamento e per una reale prevenzione che non crei disuguaglianza.

Anche gli enti locali, il privato sociale il volontariato e l’associazionismo costituiscono aree importanti da conoscere e con cui costruire relazioni e sinergie utili alla costruzione di progetti di educazione alla salute efficaci.

Lo sforzo necessario è quello di prevedere e organizzare occasioni di incontro e di confronto con queste realtà, con l’obiettivo di costruire legami, condividere pensieri e saperi e trovare un linguaggio comprensibile a tutti; l’esperienza del lavorare insieme a progetti co-costruiti è complessa e richiede rispetto per le specificità e le competenze reciproche, fatica a conciliare tempi, organizzazioni, formazioni diverse.

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I CRITERI DI RIFERIMENTO PER L’ATTIVITÀ DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE NEI CONSULTORI FAMILIARI

Il soggetto e l’ambiente

Esiste un concetto di equilibrio dinamico fra individuo e ambiente. L’individuo, nella sua unità, deve poter acquisire la capacità di stabilire l’equilibrio di salute nell’interazione con l’ambiente. La salute è strettamente legata alla loro interazione. I problemi di salute che presentano possibilità di azione per il cambiamento dipendono da fattori ambientali, che riguardano l’ambiente fisico, sociale e culturale, con ampi spazi di interazione e influenza.

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Sviluppare le capacità personali

La promozione della salute supporta lo sviluppo delle capacità personali aumentando le possibilità a disposizione delle persone di esercitare più controllo sulla propria salute, il proprio ambiente, e fare scelte che conducano alla salute. È essenziale rendere le persone capaci di apprendere lungo tutta la loro vita, nei diversi contesti: in ambito sanitario, nella scuola, nel lavoro e nella comunità.

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L’educazione

L’educazione è non solo un processo continuo di miglioramento delle conoscenze e delle abilità, ma anche, e forse soprattutto, un mezzo straordinario per produrre lo sviluppo personale (Delors).

Risulta impossibile scindere qualsiasi azione attinente all’educazione dal tema del cambiamento dei comportamenti. Si educa per cambiare, per indurre variazioni di atteggiamenti, di comportamenti, di orientamenti valoriali. L’obiettivo è lo sviluppo di empowerment, cioè l’acquisire consapevolezza di possedere le risorse per affrontare i problemi, in modo da partecipare attivamente alle proprie scelte di salute.

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Empowerment

L’OMS (1998) definisce l’empowerment come il processo attraverso cui un soggetto o una comunità, accresce il controllo sulle decisioni e azioni relative alla propria vita e salute. Il cuore del processo è infatti rappresentato dalla crescita, a partire dalla percezione di poter influenzare il decorso degli eventi, della capacità di poter aumentare il controllo sugli eventi della propria vita. Le conoscenze relative alla salute favoriscono la partecipazione: l’accesso all’istruzione e all’informazione è essenziale per ottenere una partecipazione efficace e per attribuire maggiori poteri alle persone e alle comunità.

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L’approccio Bio-Psico-Sociale

La salute non è da considerarsi come la semplice assenza di malattia ma, come definito dall’OMS nel 1946, è lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale. Nell’ambito dell’educazione alla salute il soggetto è chiamato ad una responsabilità personale secondo il Modello Bio-Psico-Sociale, basato su una concezione multidimensionale della salute, che pone l’individuo al centro di un sistema influenzato da numerose variabili che devono essere sempre tenute presenti in ambito consultoriale: tale modello, infatti, si configura come una strategia di approccio alla persona basata su una concezione multidimensionale che prende in considerazione le variabili fisiche (funzioni, organi, strutture), mentali (stato intellettivo e psicologico), sociali (vita domestica, lavorativa, economica, familiare, civile) e spirituali (valori), identificando in esse gli aspetti collegati alle condizioni soggettive e oggettive di Benessere (salute nella sua concezione positiva) e male-essere (malattia, problema, disagio ovvero salute nella sua concezione negativa). Tale approccio olistico richiede competenze che non si possono trovare in un unico professionista ma richiedono una risposta multiprofessionale.

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I PASSAGGI FONDAMENTALI PER UNA BUONA AZIONE DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE IN CONSULTORIO

1 – Accogliere la persona

Una buona accoglienza facilita l’instaurarsi di una relazione di fiducia e di collaborazione e consente alla persona di sentirsi a proprio agio, favorendo la creazione di un clima empatico che consentirà l’esplorazione e la focalizzazione del problema. L’accoglienza si nutre di elementi del verbale (un saluto di apertura e di disponibilità all’inizio della relazione), ma anche di quelli del non verbale (l’andare incontro, il porgere la mano, la mimica facciale e lo sguardo accogliente, attento alla persona) e del paraverbale (il tono della voce calmo, pacato, ma allo stesso tempo deciso, assertivo; il timbro e la velocità nel pronunciare le parole). Anche una postura aperta e comoda dell’operatore può contribuire a creare un clima di agio per la persona.

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2 -Ascoltare attivamente

L’ascolto attivo è un’abilità essenziale per raccogliere la storia della persona, per esplorare e comprendere i suoi bisogni, il suo punto di vista e il suo vissuto; per capire il motivo della richiesta o la percezione soggettiva rispetto al tema posto. Solo attraverso l’ascolto si può arrivare a focalizzare il problema e a valutare la disponibilità al cambiamento e il desiderio di prendersi cura in modo attivo della propria salute.

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3 – Focalizzare il problema

Procedendo con l’ascolto attivo, alternando domande aperte, riformulazioni e delucidazioni, è possibile facilitare l’esplorazione personale e arrivare alla focalizzazione del problema. La focalizzazione del problema consente di esplorare il desiderio di cambiare, la motivazione al cambiamento e, quindi, la collocazione della persona nel ciclo degli stadi del cambiamento. L’abilità dell’operatore consiste nell’aiutare il singolo individuo a descrivere il problema rendendolo esplicito, anche attraverso l’identificazione dei molteplici sotto-problemi che lo caratterizzano. Per esempio, nell’ambito del problema generale riguardante il comportamento alimentare, un problema specifico (emergente) da affrontare in un colloquio (solo se la persona lo mette in evidenza) potrebbe essere la difficoltà ad evitare le abbuffate la sera durante la cena: “Da ciò che mi sta dicendo, mi sembra di capire che in alcuni momenti della giornata, è per lei più difficile mangiare in modo equilibrato. Pensa che sia importante approfondire questo aspetto?”. Oppure, un altro aspetto potrebbe riguardare la difficoltà di mangiare frutta e verdura, nonostante la consapevolezza della loro utilità per la salute.

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4 – Valutare la motivazione al cambiamento

È molto importante che l’operatore accetti la persona così com’è, un individuo diverso da sé, con le sue difficoltà ad adottare comportamenti salutari; senza giudizi e pressioni nella direzione di un cambiamento che ritiene il più giusto e appropriato per l’altro, senza considerare che il punto di vista della persona potrebbe essere diverso. Questo atteggiamento non giudicante, empatico, basato sull’accettazione incondizionata e sul riconoscimento dell’autonomia della persona, rappresenta una condizione essenziale che serve a comprende il livello di disponibilità al cambiamento.

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5 – Personalizzare l’informazione

È importante non dare per scontato che la persona voglia ricevere informazioni, anche se aggiornate e scientificamente fondate, in quanto questo approccio potrebbe creare resistenze e generare conflitti nella relazione. Affinché l’intervento informativo sia funzionale all’aumento della motivazione, è opportuno che l’operatore consideri il reale bisogno individuale di informazioni, a partire da ciò che la persona già sa e desidera sapere. In genere, il momento migliore per fornire informazioni è quando sono richieste, assecondando così le esigenze prioritarie della persona.

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6 – Prospettare soluzioni e concordare quella o quelle praticabili

Per il raggiungimento dell’obiettivo concordato, l’operatore ha la possibilità di prospettare alla persona un ventaglio di soluzioni. Tuttavia, spetta all’individuo scegliere l’opzione che, nello specifico momento, considera più adeguata per affrontare in modo attivo il problema che sta vivendo. Spesso la soluzione scelta dalla persona non corrisponde con la soluzione che l’operatore ritiene più opportuna.

Nell’ambito di una relazione basata sull’ascolto, sulla centralità delle esigenze e delle possibilità di cambiamento della persona, però, è fondamentale che lo scopo non sia l’affermazione di un punto di vista su un altro, né il convincimento. Ciò che conta è la facilitazione di processi decisionali consapevoli e autonomi della persona.

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7 – Concordare un piano per implementare le soluzioni concordate

La soluzione scelta per il raggiungimento dell’obiettivo richiede la pianificazione, nell’ambito del colloquio, di una serie di azioni e di iniziative concrete. Operatore e persona possono concordarle in vista di un incontro successivo, anche per dare continuità a quanto affrontato e stabilito nel colloquio precedente. È importante che la tempistica del piano d’azione sia realistica e su misura della persona.

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8 – Riassumere e verificare che quanto è stato detto sia chiaro e sia stato compreso dalla persona

È importante riassumere quanto è emerso durante il colloquio e quanto si è concordato, nonché verificare che la persona abbia davvero compreso ciò che è stato detto, indagare su ulteriori dubbi e chiudere la relazione.

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AREE ELETTIVE DI INTERVENTO EDUCATIVO NEL CONSULTORIO

Il percorso nascita

All’interno del programma “Guadagnare Salute” trova una sua specificità l’attenzione a un buon inizio di vita, a “rendere facili le scelte salutari” cominciando dal percorso della nascita, in particolare con la promozione dell’allattamento al seno. La strategia prevede che l’allattamento esclusivo al seno, come alimentazione normale dei neonati e dei bambini fino ai sei mesi di età dovrebbe essere sostenuto, ampliando le iniziative che già sono in funzione in Italia, come gli “Ospedali & Comunità Amici dei Bambini”. Prevede inoltre “il costante controllo del rispetto delle disposizioni legislative relative alla produzione e commercializzazione dei sostituti del latte materno, con particolare attenzione ai contenuti derivanti dal codice OMS”. Ogni momento di incontro, di ascolto e di informazione può essere l’occasione per gli operatori sanitari di promuovere l’allattamento al seno come stile di vita salutare.

Ci sono sempre maggiori evidenze sull’importanza di interventi precoci di promozione della salute: già nel periodo preconcezionale, in gravidanza e nei primi anni di vita si creano condizioni più o meno favorevoli a un sano sviluppo psicofisico degli adulti del futuro.

Promuovere e sostenere l’allattamento materno significa favorire l’attaccamento precoce al seno subito dopo il parto, poiché è considerato un momento molto importante, che secondo le indicazioni dell’OMS e dell’UNICEF (United Nations International Children’s Emergency Fund) dovrebbe avvenire in un ambiente tranquillo e per un tempo sufficiente. In questo momento è importante creare le condizioni favorevoli a questo avvio di relazione: luci soffuse e tranquillità consentono al bambino di utilizzare l’olfatto e il tatto, per raggiungere il capezzolo ed attaccarsi con successo al seno. Le prime due ore dopo il parto sono d’importanza fondamentale per la formazione del legame tra la madre e il suo piccolo, perché è proprio in questo periodo che avvengono importanti cambiamenti fisici, emotivi e psicologici: è la fase di adattamento. Purtroppo questo primo incontro (imprinting), che facilita in modo naturale l’avvio dell’allattamento, viene spesso disturbato a causa della medicalizzazione dell’evento nascita. Molte strutture hanno rivisto le proprie procedure e linee guida, e in assenza di problemi particolari (distinguendo perciò fisiologia e patologia) permettono al bambino di restare con la mamma nelle due ore del post-partum, periodo durante il quale sia la donna sia il bambino sono particolarmente vigili e attivi, predisposti all’incontro con la massima apertura sensoriale.

Merita infine un cenno il problema delle dipendenze in gravidanza e durante l’allattamento:

  • In genere vi è la tendenza a sottovalutare i danni dell’alcol; in gravidanza è totalmente sconsigliata l’assunzione di alcol: questo aspetto non va trascurato nell’attività di educazione alla salute di gravide e puerpere.
  • A proposito del fumo in gravidanza e allattamento, va considerata l’utilità di mettere in campo strategie di Minimal Advice (raccomandazione sistematica, in forma breve, di smettere di fumare effettuata dagli operatori sanitari). Inoltre è necessario ricordare l’opportunità di continuare ad allattare anche nel caso in cui la mamma non riesca ad astenersi dal fumo, incoraggiando eventualmente una diminuzione delle sigarette senza però scoraggiare l’allattamento e mantenendo una forte raccomandazione a proteggere il bambino dal fumo passivo.

I momenti consultoriali del Percorso Nascita

  • L’assistenza ostetrica in gravidanza
  • I corsi di accompagnamento alla nascita
  • La promozione degli stili di vita sani in gravidanza: astensione dal fumo, bevande alcoliche e droghe
  • La promozione dell’allattamento al seno
  • L’assistenza alla puerpera e al neonato: la visita domiciliare in puerperio e i gruppi di sostegno nel dopo parto

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La salute affettiva, sessuale e riproduttiva della donna e della coppia

L’educazione alla salute in ambito consultoriale trova uno spazio particolarmente fecondo nelle attività di:

  • Consulenza contraccettiva
  • Prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili
  • Attuazione di programmi di prevenzione dei tumori femminili: lo screening del cervico-carcinoma, del tumore della mammella e del colon-retto
  • Percorso di Interruzione Volontaria della Gravidanza (IVG)
  • Consulenza in caso di infertilità
  • Consulenza nell’età post fertile
  • Prevenzione della violenza di genere
  • Promozione degli stili di vita sani

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L’educazione alla salute negli adolescenti

Negli ultimi anni, la messa in atto di comportamenti a rischio durante l’adolescenza, come il coinvolgimento in rapporti sessuali precoci e non protetti, l’uso di sostanze e fumo, la sedentarietà, l’alimentazione scorretta, è diventata, nella società occidentale, fonte di crescente preoccupazione. Questi comportamenti a rischio possono produrre effetti negativi sulla salute personale e sul benessere psico-sociale, quali le malattie a trasmissione sessuale e le gravidanze indesiderate. Il progetto di sorveglianza HBSC Italia 2014 (Health Behaviour in School-aged Children) ha mostrato un aumento generale nel numero degli adolescenti coinvolti e la tendenza ad esserlo in una età sempre minore.

Anche alla luce di ciò, il progetto Guadagnare Salute nell’area adolescenti prevede di progettare su 5 ambiti tematici: tabacco, alcol e sostanze; incidenti stradali; sessualità; alimentazione e attività fisica; salute mentale e benessere. Il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 inoltre riconosce la scuola come importante ambito per la promozione della salute nella popolazione giovanile, in cui i temi relativi ai fattori di rischio, possono essere trattati con un approccio che favorisca lo sviluppo di competenze di vita (life skills).

In tal senso, le strategie efficaci e validate scientificamente comprendono:

  • Gli interventi di peer education
  • Gli interventi basati sullo sviluppo delle competenze di vita o life skills:
  • Decision Making (capacitàdi prendere decisioni)
  • Problemi Solving (capacitàdi risolvere i problemi)
  • Creatività
  • Senso critico
  • Comunicazione
  • Skills per le relazioni interpersonali
  • Autocoscienza
  • Empatia
  • Gestione delle emozioni
  • Gestione dello stress

É importante il coinvolgimento e la partecipazione dei docenti di una scuola per rendere efficace un intervento di educazione alla salute. L’utilizzo di tecniche interattive che prevedano lo scambio e il coinvolgimento tra pari, unito ad azioni lungo tutto il corso dell’anno scolastico e con durata pluriennale, favorisce il rafforzamento di conoscenze e competenze. Sono stati quindi programmati vari interventi di prevenzione, finalizzati a ridurre il numero di adolescenti che mettono in atto comportamenti a rischio. Il comportamento sessuale in adolescenza è al centro dell’interesse sanitario e psicologico per almeno tre tipi di rischio (Bonino, 1999):

  1. il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, tra cui l’AIDS
  2. il rischio di avere gravidanze indesiderate
  3. il rischio di essere coinvolti in rapporti sessuali al di fuori di una relazione caratterizzata da sentimenti affettivi ed eguaglianza.

La vita sessuale in adolescenza ha una notevole importanza, non solo per quanto riguarda la crescita intellettuale e lo sviluppo di una socialità matura, ma anche in relazione all’influenza che questa può avere sullo stato di salute in età adulta (Raphael, 1996).

Gli interventi di promozione ed educazione alla salute con gli adolescenti rientrano da diversi anni nelle priorità istituzionali dei servizi sanitari dei consultori familiari. Un obiettivo strategico è creare e promuovere collaborazioni e alleanze stabili, integrandosi con le diverse agenzie presenti sul territorio: scuola, comuni, associazioni e gruppi informali giovanili. È importante tenere conto dell’analisi del contesto sociale, dei bisogni dei destinatari, delle problematiche emergenti e, non secondariamente, della possibilità di offrire agli adolescenti un’esperienza di partecipazione attiva e condivisa nella programmazione ed organizzazione dei progetti. A questo dato si aggiunge anche la crescente sensibilità alle tematiche adolescenziali (in particolare la dimensione dell’affettività e della sessualità di questa fase del ciclo di vita) da parte degli istituti scolastici, che ha permesso di incrementare le esperienze di progettazione comune.

L’Istituto Superiore di Sanità, in un’indagine su adolescenti di età 14-16 anni, evidenziava che la comunicazione tra coetanei veniva indicata come la modalità prevalente di acquisizione delle informazioni e di discussione rispetto alla sessualità: pertanto la comunicazione tra pari va considerata una risorsa preziosa da valorizzare nella peer education. I peer educator sono ragazzi adeguatamente formati che scelgono di agire in favore dei propri coetanei, favorendo nuove attribuzioni di significato e nuove percezioni sociali, grazie al potenziale della comunicazione orizzontale.

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CONSULTORI FAMILIARE E POPOLAZIONE IMMIGRATA

Da Paese di emigrazione, negli ultimi 10/15 anni l’Italia è diventata paese di immigrazione con flussi continui e diversificati: i dati non solo confermano la tendenza ad un aumento del fenomeno, ma evidenziano una stabilizzazione di comunità intergenerazionali sempre più segmentate e ricche di componenti umane peculiari, ansiose di trovare un loro posto a pieno titolo nella società italiana.

Si evidenziano alcuni aspetti di rilevante interesse nelle attività consultoriali di empowerment dei migranti:

  • il fenomeno migratorio interessa in modo rilevante le donne. La spinta migratoria delle donne è abbastanza diversificata: lavoro; ricongiungimento familiare; studio; ricerca della democrazia; fuga da guerra, miseria, matrimoni combinati, imposizione di pratiche religiose-sociali.
  • Nell’ambito dei fenomeni migratori le donne ricoprono un potenziale forte ruolo a tutela della sicurezza e del benessere della propria famiglia e della società potendo divenire promotrici ed agenti stesse di sviluppo e di “resilienza”, capacità di adattarsi al cambiamento, di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà.
  • Le donne migranti hanno un ruolo potenziale sempre più pregnante nello sviluppo della salute e del sistema sanitario-assistenziale: le donne emigrano spesso per svolgere lavori di tipo socio-assistenziale-sanitario (assistenti di bambini e anziani, professionisti sanitari), in un processo definito global care chain, ossia catena di assistenza globale.
  • Le condizioni in cui donne e adolescenti si spostano le rendono soggetti particolarmente vulnerabili: assenza di documenti, condizioni di grande precarietà, vittime di soprusi e di violenza.
  • L’OMS sta lavorando alla stesura del rapporto “Women on the Move” con l’obiettivo di esplorare le intersezioni tra la mobilità, le donne e l’assistenza con particolare attenzione alle migrazioni di genere, la natura di genere della global care chain e le implicazioni per la salute ed i sistemi sanitari.

Il fenomeno dell’immigrazione impone all’Italia, paese ospitante, di individuare strategie efficaci per dare risposte ai bisogni di questa nuova popolazione non solo in un’ottica di rispetto dei diritti universali, ma anche per cogliere orizzonti culturali diversi e prevenire conflitti sociali derivanti dall’esclusione sociale, conflitti che inevitabilmente avrebbero ricadute negative sullo sviluppo dell’intera collettività. Una questione prioritaria da affrontare nell’ambito dei diritti universali e di cittadinanza è quella di attrezzare servizi, in primis quelli socio-sanitari e, tra questi il consultorio famigliare, in modo da accogliere una utenza portatrice di culture, biografie e bisogni diversi.

Una questione cruciale per il Consultorio Familiare nei confronti dei migranti, specialmente delle donne, è rappresentata dal grado di accessibilità e fruibilità: la prima dipende prevalentemente dalle normative, la seconda dalla capacità culturale dei servizi di adeguare le risposte ad utenti differenti, inoltre da parte delle immigrate e straniere, soprattutto per la fascia sempre rinnovata degli irregolari, spesso non c’è ne conoscenza dei propri diritti né capacità di farli valere. È necessario pertanto attuare:

  • una semplificazione dell’accesso al consultorio
  • la realizzazione di percorsi di presa in carico del soggetto immigrato nel rispetto di una vera equità
  • l’implementazione dei processi che promuovono la partecipazione degli individui e della comunità.

Prioritario identificare obiettivi e strategie mirate di offerta attiva per contrastare le disuguaglianze nell’accesso alle cure, impiegare e formare personale socio-sanitario affiancato da mediatori culturali per abbattere le barriere linguistico-culturali e quindi offrire una adeguata risposta ai numerosi bisogni degli immigrati.

Obiettivi del consultorio per contrastare le disuguaglianze nell’accesso alle cure e offrire una adeguata risposta al bisogno di salute degli immigrati

Obiettivo generale:

  • tutelare e promuovere la salute della popolazione immigrata femminile attraverso l’adozione di modelli socio-sanitari organizzativamente e culturalmente adeguati ai bisogni di questa fascia di popolazione

Obiettivi specifici:

  • individuare e adottare strumenti di indagine epidemiologica della domanda di salute della popolazione immigrata identificata (esempio: gravide) per individuare priorità di intervento (esempio: utilizzare le schede di certificazione di assistenza al parto)
  • adottare modalità organizzative per rendere ben visibili i servizi consultoriali, ridurre le barriere burocratico-amministrative, dare informazioni semplici sulle modalità di accesso
  • individuare soluzioni organizzative sulla base di indicazioni della normativa nazionale vigente, prevedendone anche la modalità di verifica dell’ attuazione
  • garantire la gratuità per le immigrate indigenti
  • produrre e diffondere informazioni sulle modalità di accesso ai servizi con informative plurilingue presso anagrafi sanitarie, Comuni, Questure, luoghi “sensibili”
  • adottare strategie di provata efficacia per l’informazione e l’educazione alla salute alle donne basate sulla pratica della competenza culturale e dell’empowerment del singolo e della comunità
  • migliorare l’informazione e la formazione degli operatori sanitari e amministrativi sul diritto all’assistenza sanitaria degli immigrati, attraverso la produzione e la diffusione di una guida all’assistenza sanitaria nei consultori
  • individuare e implementare modelli di analisi di valutazione dei servizi, attraverso l’utilizzo di indicatori semplici per descrivere e monitorare l’efficienza dell’offerta assistenziale.

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Glossario
  • HBSC: Health Behaviour in School-aged Children
  • IVG: Interruzione Volontaria della Gravidanza
  • OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità
  • UNICEF: United Nations International Children’s Emergency Fund

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Bibliografia
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  • Bandura A (1989). Human agency in social cognitive theory. American Psychologist 44:1175-84
  • Bandura A (2000). Autoefficacia: teoria e applicazioni. Erickson, Trento
  • Bandura A (2001). Guida alla costruzione delle scale di autoefficacia. In: Caprara GV (a cura di). La valutazione dell’autoefficacia. Erickson, Trento
  • Bandura A, a cura di (1996). Il senso di autoefficacia. Aspettative su di se e azione. Erickson, Trento
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  • Dym B, Hudson H (2008). Alla guida di un’impresa sociale, Centro studi Erickson
  • Engel GL (1977).The need for a new medical model. A challenge for biomedicine. Science 196:129-136
  • Farson R (2000) Management per paradossi. Franco Angeli
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  • Ministero della Salute (2011) Guadagnare Salute. Il marketing sociale
  • Ministero della Salute (2011) Guadagnare Salute. Il valore aggiunto delle competenze di counselling per una comunicazione efficace in ambito professionale
  • Ministero della Salute (2012) Guadagnare Salute. Le competenze di counselling per una gestione consapevole delle reazioni personali e dei comportamenti dell’operatore
  • Ministero della salute (2015). L’accesso alle cure della persona straniera: indicazioni operative. Disponibile online: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_297_allegato.pdf
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  • OMS (2017) Women on the move. Migration, care work and health. Disponibile online: http://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/259463/9789241513142-eng.pdf?sequence=1
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  • Regione Lombardia, Famiglia e Solidarietà Sociale (2007) Linee guida regionali. Prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione preadolescenziale e adolescenziale. (Delibera n°VIII/006219)
  • Vitullo A (2006) Leadership riflessive. La ricerca di anima nelle organizzazioni. Apogeo
  • Wood J (1996). Il piccolo libro del potere, Armenia, Milano, 1996

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