Capitolo del Manuale per Operatori di Sanità Pubblica “Governare l’Assistenza Primaria”
Autore: Pierangelo Lora Aprile
Indice del capitolo:
- Introduzione
- I malati con bisogni di cure palliative: di chi stiamo parlando?
- Raccolta delle normative relative alle Cure Palliative in Italia
- La rete di Cure Palliative
- Il percorso del malato con bisogni di Cure Palliative
- Identificazione precoce del malato cronico in fase avanzata con bisogni di Cure Palliative: chi identifica? con quali strumenti?
- La segnalazione e la condivisione di informazioni con gli altri operatori
- La VMD e l’assegnazione al tipo di cure e al setting più appropriato
- Il PAI
- La rivalutazione multi-dimensionale periodica
- L’accompagnamento negli ultimi giorni vita
- La visita di cordoglio e l’eventuale supporto al lutto
- Cure Palliative e Governance
- Le Cure Palliative e l’etica di accompagnamento
- Acronimi
- Bibliografia
- Spazio discussione
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Introduzione
Il suo vero nome era Eli ma si faceva chiamare David Tasma. Cicely Saunders, che si prese cura di lui fino alla fine, lo definì paziente fondatore del movimento hospice moderno. Saunders scrisse di lui: “David, che pensava di aver sprecato la propria vita, con la sua morte ha fatto in modo che tutti potessero al termine della loro vita avere a disposizione pace e sicurezza”. David lasciò alla Saunders 500 sterline dicendole “Sarò una finestra nella tua Casa”. Quei soldi costituirono il primo fondo destinato alla realizzazione del luogo di cui tanto avevano discusso insieme, il luogo che avrebbe potuto accogliere e soddisfare le sue esigenze. Ci vollero 19 anni per riuscire a costruire la “Casa” attorno a quella finestra e nell’estate del 1967 il St. Christopher’s Hospice aprì le porte ai primi malati in fase terminale. Scrisse la Saunders “La sofferenza di un solo uomo ci aveva fatto comprendere la necessità di soddisfare i bisogni medici e spirituali di migliaia di altri pazienti.”
Fu da subito chiaro che l’Hospice non poteva limitarsi a strutture di degenza e le Cure Palliative si diffusero con l’assistenza nelle case dei malati oncologici in fase terminale di malattia. Nel 1990 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ancora limitava le Cure Palliative ai malati oncologici non responsivi alle terapie curative, con finalità relegate agli ultimi stadi della cura (end of life care); infatti, nel Program on Cancer Control dell’OMS le Cure Palliative sono definite come “terapie curative ai pazienti oncologici non più responsivi” Verso la fine del secolo iniziò a manifestarsi, negli operatori dedicati alle Cure Palliative, un profondo cambiamento di pensiero: i problemi del “fine vita” hanno le loro origini all’inizio della traiettoria della malattia e i principi delle Cure Palliative dovrebbero essere applicati il più precocemente possibile nel corso di ogni malattia cronica fino alla fase finale della vita. Questa definizione “estensiva” delle Cure Palliative, raccomandata dall’OMS (6), cambia completamente la prospettiva. Non più Cure Palliative destinate alla fine della vita per i malati oncologici, ma cure indirizzate a persone con limitata aspettativa di vita, all’inizio quindi della traiettoria che segna la fase di declino di tutte le persone con malattie croniche gravi e progressive. Le “traiettorie” delle malattie croniche stanno cambiando e le persone con diagnosi di patologie a rischio per la vita o con limitata aspettativa di vita oggi possono vivere per anni in queste condizioni.
Il momento della loro morte è spesso difficile da prevedere e spesso a molti di loro non vengono offerti i benefici di un approccio palliativo alle cure.
Tale approccio comprende un efficace controllo dei sintomi durante tutto il percorso della malattia, una pianificazione anticipata delle cure, il supporto psico-sociale.
Questa rivoluzione di paradigma ha di fatto determinato profondi cambiamenti. La prospettiva delle “early palliative care” ha moltiplicato i malati con bisogni di Cure Palliative ed ha enfatizzato il ruolo delle Cure Primarie, unico ambito in cui è possibile identificare precocemente i malati con potenziali bisogni di Cure Palliative.
Tuttavia questo nuovo paradigma qualche problema lo pone e il primo fra tutti quello relativo alla sostenibilità. Una moderna politica sanitaria si sviluppa su tre assi fondamentali: l’eccellenza (interventi efficaci), l’efficienza (interventi appropriati), l’empowerment (il diritto dei cittadini di partecipare attivamente alle decisioni ed alle scelte di assistenza e cura). I percorsi istituzionali e programmatori avvengono all’interno di uno scenario nel quale i Servizi Sanitari e di Welfare si confrontano con la necessità di dover fornire risposte nuove ed adeguate ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani, sempre più affetti da patologie cronico-degenerative in fase avanzata, in condizioni cliniche di estrema fragilità e di grave sofferenza fino alla terminalità.
Si viene sempre più delineando un’area della “complessità” delle cure (cure a media-alta intensità) a cui è sottesa una popolazione di riferimento in cui si sovrappongono problemi di fragilità, disabilità e multi-morbilità.
Nella disabilità in particolare vengono oggi messe in risalto non solo le difficoltà organiche relative alla persona, ma anche quelle relative ai fattori ambientali e alle capacità nel contesto in cui la persona vive di interagire con l’ambiente fisico e sociale. Tale prospettiva multidimensionale rende necessaria una valutazione accurata di tutti i fattori in gioco che determinano una alterata “soglia funzionale”.
Chi è il malato complesso ? Come lo si può definire e identificare? In modo molto semplice, ma altrettanto efficace, si può dire il malato diventa “complesso” quando il medico di famiglia prende consapevolezza che il suo intervento, anche in accordo con il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, non è più sufficiente per erogare cure di qualità. Farsi carico del “malato complesso” significa mettere in atto un lavoro di équipe, una struttura organizzativa efficiente, che assicuri la continuità delle cure, un approccio multidisciplinare e transdisciplinare.
Il paradigma delle Cure Complesse è rappresentato dalle Cure Palliative, che lungi dall’essere mere terapie di supporto in un contesto più o meno compassionevole hanno dimostrato di migliorare la qualità di vita dei malati e dei famigliari, risparmiare risorse e, in alcuni casi, aumentare addirittura la sopravvivenza.
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I malati con bisogni di cure palliative: di chi stiamo parlando?
Il progressivo invecchiamento della popolazione e il miglioramento delle cure nella fase acuta di malattia hanno determinato e determineranno nei prossimi anni profondi mutamenti dei bisogni di salute con aumento della prevalenza delle patologie croniche e incremento dell’incidenza e prevalenza di condizioni di cronicità avanzate con criticità cliniche ricorrenti. Questi malati, portatori delle patologie croniche più frequenti, quali cancro, BPCO, scompenso cardiaco cronico, patologie croniche neurologiche vascolari/degenerative, insufficienza epatica grave, insufficienza renale grave, demenza, “fragilità-avanzata, possono manifestare bisogni sempre più complessi e, alcuni tra costoro, nel corso della loro malattia, manifestano segni e sintomi che indicano l’evoluzione progressiva della patologia e di conseguenza una limitata aspettativa di vita, quindi bisogni di Cure Palliative. Si stima che l’accesso alle Cure Palliative sia appropriato e necessario per l’1,5% dell’intera popolazione.
L’OMS ha recentemente quantificato in 560 malati adulti ogni 100.000 abitanti ogni anno il bisogno di Cure Palliative nella popolazione in Europa. Di questi malati, circa il 60% sono affetti da patologie non oncologiche. L’OMS stima che il 30-45% di questi pazienti necessiti di Cure Palliative fornite da equipe specializzate, mentre il resto del bisogno di Cure Palliative può essere assicurato attraverso cure erogate nell’ambito delle Cure Primarie con diversi modelli di integrazione con le equipe dedicate (approccio palliativo).
Alla popolazione adulta vanno aggiunti i bambini con bisogni di Cure Palliative. Assai diverse sono le malattie che determinano il bisogno rispetto all’adulto: si tratta di bambini in cui è fallito il trattamento specifico (neoplasie, insufficienza d’organo), in cui la morte precoce è inevitabile, ma cure appropriate possono prolungare vita con buona qualità (HIV, fibrosi cistica), in cui il trattamento quasi esclusivamente palliativo può essere esteso anche per molti anni (malattie neurologiche /metaboliche/geniche), i cui malattie irreversibili ma non progressive determinano disabilità severa, morte prematura (paralisi cerebrale severa, disabilità per danni cerebrali/midollari).
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Raccolta delle normative relative alle Cure Palliative in Italia
Il legislatore in Italia interviene per la prima volta in modo sostanziale a favore della promozione delle Cure Palliative con la definizione del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000.
Nella Tabella 1 sono riportati in sintesi i provvedimenti che hanno segnato le norme sulle Cure Palliative. La vera svolta è avvenuta il 15 Marzo 2010, quando, in un raro esempio di unanimità parlamentare, viene approvata la Legge 38.
PROVVEDIMENTO | DENOMINAZIONE | CONTENUTO |
Legge 26.2.1999 n. 39 | Disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000 | Prevede finanziamenti specifici per strutture (Hospice) dedicate alla assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita e di quella dei loro familiari. |
D.M. 28 Settembre 1999 | Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative | Assegna alle Regioni 310 miliardi. |
DPCM 20 Gennaio 2000 | Atto di indirizzo recante requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per i centri residenziali di cure palliative | Elenco dei requisiti contenuti nei programmi che le Regioni dovevano presentare al Ministero entro il 2 Ottobre 2000. |
DPR 8 Marzo 2000
| Progetto obiettivo “AIDS 1998-2000 | Per la prima volta, con il Progetto obiettivo Aids, l’Assistenza Domiciliare Integrata e l’Ospedalizzazione Domiciliare sono previste nella realizzazione degli Hospice. |
Legge 8 Febbraio 2001 n.12 | Norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore | Introduce alcune facilitazioni nella prescrizione degli oppiacei fra le quali un ricettario semplificato distribuito dalle ASL, le norme per redigere la ricetta, l’autorizzazione della consegna a domicilio. |
Il DPCM 14 Febbraio 2001
| Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie | Include le prestazioni per patologie terminali fra quelle ad “elevata integrazione” secondo il d.lgs n. 502/92. |
Nel DPCM 8 Marzo 2001 | Linee guida per la prevenzione, la diagnostica e l’assistenza in Oncologia | Vengono stabiliti alcuni criteri di eleggibilità perl le Cure Domiciliari: terapeutico, sintomatico, diagnosi di malattia neoplastica certificata da medico esperto in oncologia medica, impossibilità di utilizzare strutture ambulatoriali e DH, ambiente abitativo idoneo. |
DPCM 19 Aprile 2001 | Documento di iniziative per l’organizzazione della Rete dei Servizi delle Cure Palliative | Si prevede l’estensione delle Cure Palliative ai malati di AIDS ed ai pazienti non oncologici. |
24 Maggio 2001 | Accordo tra Ministero della Sanità, le regioni e le province autonome sul documento di linee guida inerente il rogetto Progetto “Ospedale senza dolore” | Sarà poi trasformato nel progetto “Ospedale-Territorio senza dolore” dall’Accordo Stato-Regioni del 23-3-2009. |
Legge 16 Novembre 2001 | Conversione in Legge Decreto Legge 18 settembre 2001 n.347: interventi urgenti in materia di spesa sanitaria | Precede l’adozione da parte delle Regioni dello standard di 5 posti letto per mille abitanti, di cui 1 per mille riservato a riabilitazione/lungo-degenza. L’esubero del personale è riconvertito nei servizi medici-infermieristici domiciliari per malati cronici e terminali. |
DPCM 29 Novembre 2001 | Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza | Classificazione e definizione Livelli di assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare, le modalità organizzative, standard e lista delle prestazioni. |
Accordo Stato-Regioni 13 Marzo 2003 | Indicatori per la verifica dei risultati ottenuti dalla Rete di assistenza ai pazienti terminali e per la valutazione delle prestazioni erogate | Serie di indicatori relativi a: accessibilità alla rete, risorse, attività, risultato e qualità, elaborato dalla DG della Programmazione Sanitaria e dal SISIT del Ministero della Salute con previsione di trasmissione annuale dei dati da parte delle Regioni. |
Nella successiva Intesa dell’11 Aprile 2006 adottata dal D.M. 22 Febbraio 2007 | Definizione degli standard relativi alla assistenza ai malati terminali in trattamento palliativo | Individua con chiarezza gli obiettivi minimi che le Regioni devono conseguire sia in termini di numero di pazienti assistiti dalla Rete di Cure Palliative, sia in termini di qualità offerta. |
Accordo Stato-Regioni 27 Giugno 2007 | Schema di accordo tra Ministero della Salute le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano sulle cure palliative nell’età neonatale, pediatrica ed adolescenziale. | Specifica che le Cure Palliative pediatriche si sviluppano secondo livelli di diversa competenza: primo livello di approccio applicato a tutti i professionisti, secondo livello con preparazione specifica, terzo livello con équipe multidisciplinari. |
Accordo Stato-Regioni 25 Marzo 2009 | Realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2009 | Assegna 100 milioni di Euro per implementare la Rete di Terapia del Dolore. Si avvia la sperimentazione di un nuovo modello organizzativo nel quale il livello assistenziale viene scomposto in tre nodi; Hub (centro di riferimento), Spoke (ambulatorio dedicato), Presidio Territoriale (MMG). |
Legge 15 Marzo 2010 n.38 | Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore | Istituzione delle tre Reti: Cure Palliative per adulti, pediatriche, Terapia del Dolore. (per dettagli Vedi capitolo sulle norme).
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16 Dicembre 2010 Accordo Stato-Regioni | Linee guida per la promozione, lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali nell’ambito della Rete di Cure Palliative e della Rete di Terapia del Dolore | Documento per garantire l’applicazione omogenea delle Cure Palliative in tutto il territorio nazionale. |
D.M. 4 Aprile 2012 | Istituzione del Master Universitario di Alta Formazione e Qualificazione in Terapia del Dolore, Cure Palliative, Terapia del Dolore e Cure Palliative pediatriche per Specialisti. Master di I livello in Cure Palliative e terapia del dolore per professioni sanitarie e di II° livello per psicologi, | Istituisce i Master universitari, per Medici Specialisti e i Master Universitario di 1°e 2° livello in Cure Palliative e Terapia del Dolore, per le professioni sanitarie. |
25 Luglio 2012 Intesa Conferenza Stato-Regioni | Definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore | Sono riportati i requisiti per l’accreditamento delle Reti Locali di Cure Palliative (elencati nel paragrafo sulle Reti Locali di Cure Palliative). |
7 Febbraio 2013 Accordo Stato-Regioni | Individuazione della Disciplina “Cure Palliative” | Identifica la disciplina “cure Palliative “ nella Categoria Professionale dei Medici-Area della medicina diagnostica e dei Servizi. |
D.M del 28 Marzo 2013 | Modifica e integrazione della Tab A e B di cui al decreto 30 gennaio 1998, relativo ai servizi delle discipline equipollenti | Vengono definite le discipline equipollenti alle Cure Palliative: Ematologia, Geriatria, Malattie Infettive, Medicina Interna, Neurologia, Oncologia, Pediatria, Radioterapia, Anestesia e Rianimazione. |
27 Dicembre 2013 Legge n.147 | Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” …” | Idoneità ad operare nelle Reti dedicate per i medici in servizio presso le reti dedicate alle Cure Palliative pubbliche o private accreditate, non in possesso di una specializzazione (esperienza almeno triennale certificata dalla Regione di competenza). |
22 Gennaio 2015 Accordo Stato-Regioni | Individuazione dei criteri per la certificazione della esperienza triennale nel campo delle cure palliative | Modalità per i professionisti interessati per fare richiesta alla Regione di idoneità ad operare nelle Reti dedicate. |
L’articolo 1 sancisce come diritto di ogni cittadino il poter accedere alle Cure Palliative e alla terapia del dolore, in strutture sanitarie che assicurino un programma di cura individuale per il malato e la famiglia, nel rispetto dei princìpi fondamentali di tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione, di tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine, di adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale.
La legge finalmente definisce in modo chiaro cosa debba intendersi per “terapia del dolore”, “Cure Palliative”, “malato”, “reti”, “assistenza residenziale e domiciliare”. Essa prevede altresì due livelli di Cure Palliative: quelle di base (malato meno complesso) e quelle specialistiche. Vengono istituite tre Reti distinte: Cure Palliative per Adulto, Terapia del Dolore e Cure Palliative e Terapia del Dolore Pediatrica. Infine la legge identifica altresì le figure professionali che sono coinvolte nella rete: Medici di Medicina Generale (MMG), medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, medici con esperienza almeno triennale nel campo delle Cure Palliative e della Terapia del Dolore, infermieri, psicologi, assistenti sociali nonché altre figure professionali ritenute essenziali. L’articolo 7 obbliga a riportare la rilevazione del dolore e la sua valutazione in itinere all’interno della cartella clinica e con l’articolo 10 vengono di fatto molto semplificate le procedure di accesso ai medicinali analgesici impiegati nella terapia del dolore.
Attualmente si può dire che il legislatore abbia fatto la sua parte e tutte le Regioni hanno recepito i documenti attuativi.
Purtroppo, a sei anni dalla approvazione, l’applicazione della Legge 38 è molto insoddisfacente e, come dimostra una indagine promossa da AGENAS nel 2014, solo in pochissime aree italiane, soprattutto al nord, si può affermare che la Legge è applicata integralmente.
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La rete di Cure Palliative
Allegato all’Intesa del 25 Luglio 2012 il Dipartimento della Qualità e dell’Ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la Direzione generale della programmazione sanitaria ufficio XI ha pubblicato un documento, che rappresenta il risultato di un percorso complesso di confronto tra tecnici rappresentanti del mondo professionale, delle società scientifiche e del mondo delle organizzazioni non-profit, finalizzato a presentare una proposta di intesa tale da garantire la tutela espressamente dichiarata nella legge 38 all’articolo 1 “[…]il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore”.
Nel documento si definisce la Rete Locale di Cure Palliative (RLCP) e nel contempo si elencano i requisiti.
Per RLCP si intende una aggregazione funzionale ed integrata delle attività di Cure Palliative erogate nei diversi setting assistenziali, in un ambito territoriale definito. La funzione di coordinamento viene affidata a una Struttura specificamente dedicata e formata da figure professionali con specifica competenza ed esperienza ai sensi dell’Articolo 5, Comma 2, Legge 38/2010.
La RLCP deve soddisfare contemporaneamente i seguenti requisiti:
- Strutture organizzative di erogazione e coordinamento della RLCP con sede nelle Aziende Sanitarie;
- Cure Palliative per qualunque patologia ad andamento cronico ed evolutivo per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita;
- Operatività di equipe multi professionali dedicate, di cui parte integrante è il MMG e che adottano come strumento di condivisione professionale periodica la riunione di équipe;
- Unitarietà del percorso di cure domiciliari, garantita dalle Unità di Cure Palliative Domiciliari, interventi di base e interventi di equipe specialistiche, tra loro interagenti in funzione della complessità, che aumenta con l’avvicinarsi della fine della vita;
- Continuità delle cure garantita attraverso l’integrazione dei diversi ambiti assistenziali (domiciliari, ambulatoriali, a ciclo diurno, di ricovero) e nei vari setting di cura di seguito caratterizzati (casa, hospice, ospedale, strutture residenziali);
- Formazione multidisciplinare continua per gli operatori;
- Programmi di supporto psicologico all’equipe;
- Misurazione della qualità di vita;
- Cura attiva e globale e salvaguardia della dignità e autonomia del malato;
- Supporto sociale e spirituale a malati e familiari;
- Programmi di supporto al lutto;
- Discussione di dilemmi etici;
- Programmi di informazione alla popolazione sulle Cure Palliative;
- Programmi di valutazione della qualità delle cure attraverso l’utilizzo regolare di strumenti di valutazione della qualità percepita da parte del malato, quando possibile, e dei familiari per le cure prestate al malato durante il periodo di assistenza palliativa.
I nodi della RLCP e le loro caratteristiche sono riportati in Tabella 2
Ospedale | Nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, l’approccio palliativo è garantito per tutti i malati durante l’intero percorso di cura, in funzione dei bisogni e in integrazione con le specifiche fasi terapeutiche delle malattie croniche evolutive. Le Cure Palliative in ospedale, nell’ambito della rete di Cure Palliative, sono caratterizzate dalla consulenza palliativa, da prestazioni in regime di degenza, da attività ambulatoriale; da degenza in Hospice qualora questa struttura sia presente. |
Hospice | Le cure sono erogate da equipe multidisciplinari e multi professionali che assicurano cure e assistenza in via continuativa sulle ventiquattro ore, sette giorni su sette. Gli Hospice sono inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) distrettuali e le funzioni del day-Hospice, come definite dall’articolo 2 comma g, sono equiparabili alle prestazioni in regime di ospedalizzazione a ciclo diurno. |
Assistenza Domiciliare – Unità di Cure Palliative domiciliari | Le Cure Palliative domiciliari nell’ambito della rete locale di assistenza, sono costituite da un complesso integrato di prestazioni sanitarie professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e psicologico, oltre che da prestazioni sociali e tutelari, nonché di sostegno spirituale, a favore di persone affette da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita. Tale livello viene erogato dalle Unità di Cure Palliative (UCP) domiciliari che garantiscono sia gli interventi di base, coordinati dal MMG, sia interventi di equipe specialistiche tra loro interagenti in funzione della complessità che aumenta con l’avvicinarsi della fine della vita nonché la pronta disponibilità medica sulle 24 ore, anche per la necessità di fornire supporto alla famiglia e/o al care-giver. Gli interventi di base garantiscono un approccio palliativo attraverso l’ottimale controllo dei sintomi e una adeguata comunicazione con il malato e la famiglia. Queste cure sono erogate da medici e infermieri con buona conoscenza di base delle Cure Palliative. Le cure richiedono interventi programmati in funzione del progetto di assistenza individuale. Gli interventi di équipe specialistiche multi-professionali dedicate, sono rivolti a malati con bisogni complessi, per i quali gli interventi di base sono inadeguati; richiedono un elevato livello di competenza e modalità di lavoro interdisciplinare. Le Cure Palliative Domiciliari richiedono la valutazione multidimensionale, la presa in carico del paziente da parte di una equipe professionale e la definizione di un “Piano Assistenziale Individuale” (PAI). Le Cure Domiciliari palliative sono integrate da interventi sociali in relazioni agli esiti della valutazione multidimensionale. Secondo quanto riportato nel documento della Commissione LEA le Cure Palliative sono caratterizzate da un profilo di complessità tale da prevedere l’assistenza 7 giorni su 7 e 10 ore al giorno da Lunedì, 6 ore il Sabato e pronta reperibilità nei giorni festivi. |
Strutture Residenziali | Le strutture residenziali per anziani o disabili garantiscono le Cure Palliative ai propri ospiti anche avvalendosi della Unità di Cure Palliative Domiciliari territorialmente competente, con le modalità della “Assistenza Domiciliare.” |
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Il percorso del malato con bisogni di Cure Palliative
Il percorso innovativo deve essere costruito centrando il modello organizzativo sui bisogni del malato e della famiglia, deve essere accessibile, equo (a prescindere dall’età o dalla patologia), fortemente integrato (in modo da garantire la continuità delle cure), disponibile e flessibile a diversi setting di cura, ma privilegiando il domicilio come luogo ideale di cura, sicuro ed efficiente ed appropriato in termini di costo-efficacia.
La domanda cruciale tuttavia è saper identificare l’inizio del percorso. Dalla recente letteratura l’orizzonte temporale di intervento delle Cure Palliative si è esteso fino a 12-24 mesi dalla morte ed esse si rivolgono a tutte le persone portatrici di patologie croniche evolutive in una nuova prospettiva, sempre più collegata ai bisogni e alle preferenze dei malati che “si avvicinano alla fine della vita” piuttosto che alla diagnosi.
La precoce identificazione di questi malati e di conseguenza dei loro bisogni di Cure Palliative e dei loro desideri e preferenze, si è dimostrata efficace sia per quanto riguarda il miglioramento della qualità di vita dei malati e dei loro famigliari, sia per una riduzione dei costi a fronte di una migliore appropriatezza degli interventi. Vi sono evidenze che le Cure Palliative non solo non diminuiscono la sopravvivenza, ma addirittura l’aumentano. In campo oncologico uno studio randomizzato ha dimostrato che i malati affetti da tumore polmonare metastatico non a piccole cellule, assegnati al gruppo “Chemioterapia più Cure Palliative” hanno avuto una migliore Qualità di Vita (QdV), un livello di depressione minore rispetto all’altro gruppo, hanno avuto meno terapie aggressive alla fine della vita, meno ospedalizzazioni, minori accessi in Pronto Soccorso, maggiore durata di assistenza in programmi hospice e nonostante ciò questi malati sono sopravvissuti più a lungo degli altri malati, in modo statisticamente significativo (mediana di sopravvivenza 11.6 mesi vs 8.9 mesi).
In campo non oncologico, la Higginson ha dimostrato in un trial randomizzato, che l’efficacia di un intervento precoce delle Cure Palliative integrato con un Servizio di Pneumologia, per il controllo della dispnea refrattaria in malati con patologie croniche in fase avanzata, ha significativamente incremento la durata di sopravvivenza nei malati reclutati nel gruppo di intervento.
Questi ed altri risultati stanno implementando modelli organizzativi di Cure Palliative precoci. Negli USA è in corso uno studio per valutare l’efficacia di una proposta di intervento precoce di Cure Palliative in oltre 60.000 anziani residenti in Strutture Residenziali, ricoverati in Ospedale per frattura di anca, in cui vi è alto rischio di mortalità (a 6 mesi 36% sono morti, 46% di tutti i maschi). Obiettivo dell’intervento: controllo dei sintomi, valutazione e supporto psicosociale, consapevolezza della prognosi e supporto nel decision-making.
Anche se una serie di studi hanno dimostrato l’efficacia dell’integrazione precoce delle Cure Palliative, c’è ancora incertezza riguardo alla possibile diversa efficacia di questi nuovi modelli di intervento in particolari gruppi di malati per cui l’intervento precoce potrebbe variare in rapporto al sesso e all’età. Questi risultati confermano la necessità di valutare con continuità e con competenza la qualità delle Cure Palliative che si mettono in atto, soprattutto per quanto riguarda l’appropriatezza e l’efficacia dei trattamenti che si propongono.
Non vi sono dubbi per contro sull’efficacia delle Cure Palliative precoci nel risparmiare risorse. Uno studio canadese che ha valutato i costi nell’ultimo anno di vita rileva che lo 0.67% della popolazione consuma il 10% del budget totale sanitario dell’Ontario e che la maggior parte dei costi sono legati a ospedalizzazioni e a “long term care”. Gli interventi che riescono a ridurre i costi di queste due voci sono quelli che permettono una maggiore riduzione dei costi totali.
È altresì noto che la probabilità di ricovero ospedaliero si concentra nell’ultimo anno di vita con probabilità di ricovero fino a 20 volte più elevata rispetto a quanto si registra nella popolazione generale e tale rischio è del tutto indipendente da alcune determinanti sociali quali istruzione, livello economico, condizione occupazionale.
È interessante a questo punto chiedersi quali sono gli elementi essenziali dell’approccio palliativo precoce che determinano i benefici, restando quanto meno sorpresi dalla apparente semplicità della affermazione di Smith nel suo editoriale sul New England Journal of Medicine: “Noi stiamo incrementando i costi e fornendo cure di basso livello a causa di cose che non facciamo” e ancora “iniziare le discussioni sulla possibilità di morire e sulle decisioni di fine vita rappresenta il prerequisito indispensabile per una adeguata pianificazione delle cure. L’importanza di queste discussioni è oggi evidente: i malati che hanno la possibilità di confrontarsi su questi aspetti manifestano minore ansia e depressione, ricevono cure meno aggressive alla fine della vita, quasi mai muoiono in reparti di rianimazione. In più, questo permette ai familiari sopravvissuti di avere una qualità di vita migliore e permette alla nostra società di risparmiare milioni di dollari.”
Esiste una piccola città in Florida (USA), La Crosse, in cui Medicare ha rilevato costi sensibilmente diversi negli over 65 rispetto a Miami (6.400 $/anno versus 13.000). Il fenomeno è stato studiato attraverso una indagine su malati affetti da patologie croniche evolutive rispetto alle scelte terapeutiche, a fronte di situazioni “critiche” (trattamenti aggressivi vs Cure Palliative e indagini) su un campione random di medici cardiologi e di medici di famiglia a cui sono state proposte cinque “vignette” di casi clinici con analoghe caratteristiche. Da questo studio emerge che il 35% delle spese sostenute da Medicare dipende dalle scelte fatte dai medici, che raramente sono collegate alle preferenze dei malati o ad evidenze di efficacia clinica.
Le variazioni nei costi sostenuti è sorprendentemente collegata alla distribuzione di due “tipologie” di medici: i “cowboys”, in grande maggioranza maschi, che raccomandano trattamenti intensivi al di là di qualunque indicazioni clinica, sulla base di proprie opinioni personali rispetto all’efficacia di questi trattamenti ed i “comforters” che invece raccomandano Cure Palliative per lo stesso tipo di situazioni cliniche.
C’è da chiedersi come mai, se vi sono evidenze così palesi, le Cure Palliative siano ancora così poco diffuse e soprattutto sotto finanziate. E’ probabile che si debbano ancora diffondere e condividere, tra operatori, istituzioni e cittadini gli elementi fondanti dell’approccio palliativo.
L’approccio palliativo è prima di tutto una rivoluzione culturale che deve coinvolgere non solo gli operatori, ma anche i cittadini, che debbono iniziare fin dall’età scolare il confronto con l’evento oggi non solo temuto, ma nascosto, scotomizzato: il fine vita e la morte.
Oggi la morte è “oscena”, letteralmente “fuori dalla scena” per cui i comportamenti dei medici, spesso sotto la pressione di richieste insistenti dei famigliari (quasi mai dei malati!), sono molto aggressivi e sconfinano nella ostinazione terapeutica e nell’atteggiamento “vitalistico” ad “ogni costo” che produce insoddisfazione, cure di bassa qualità, aumento dei costi.
L’approccio palliativo si basa su alcuni elementi fondamentali, frutto dell’esperienza delle Cure Palliative specialistiche: una cura centrata sul malato e sulla sua famiglia e non centrata sulla malattia, con la qualità di vita come obiettivo fondamentale, l’importanza di una relazione terapeutica basata su una comunicazione chiara e sincera rispetto all’evoluzione prognostica, una grande attenzione alla valutazione ed al controllo dei sintomi causa di sofferenza ed una cura ed assistenza esperta e competente fino agli ultimi momenti della vita.
È fuor di dubbio che l’ambito delle Cure Primarie, ed in particolare il MMG, è il luogo dove un corretto approccio palliativo potrebbe fare la differenza in termini sia di qualità delle cure, sia di risparmio. L’approccio palliativo precoce (almeno un anno prima del decesso) consentirebbero un sensibile risparmio nel comparto delle Cure Primarie tenuto conto che negli USA, Medicare spende il 30% del suo budget per le persone nell’ultimo anno di vita.
Le fasi salienti del Percorso di un malato con bisogni di Cure Palliative sono:
- L’identificazione precoce del malato con bisogno di Cure Palliative
- La segnalazione e la condivisione di informazioni con gli altri operatori
- La Valutazione Multi-Dimensionale (VMD) e l’assegnazione al tipo di cure e al setting più appropriato: Domicilio/Hospice –Cure di Base/Specialistiche
- La stesura, ove sia necessario, del Piano Assistenziale Individuale (PAI)
- La rivalutazione multi-dimensionale periodica dettata dal peggioramento delle condizioni cliniche
- L’accompagnamento negli ultimi giorni vita
- La visita di cordoglio e l’eventuale supporto al lutto
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Identificazione precoce del malato cronico in fase avanzata con bisogni di Cure Palliative: chi identifica? con quali strumenti?
Una delle raccomandazioni della Conferenza di Consenso sul “Percorso Integrato per la presa in carico del malato cronico in fase in condizioni di cronicità complesse e avanzate con bisogni di Cure Palliative” afferma: “Tutti i professionisti sanitari devono essere in grado di riconoscere e segnalare i bisogni di cure palliative, ma è il medico curante (di norma il medico di cure primarie) che deve farsi carico prioritariamente del processo di identificazione precoce”. Una recente revisione sistematica della letteratura, indica sostanzialmente 4 strumenti utilizzati nell’ambito delle Cure Primarie: RADboud Indicators for Palliative Care Needs (RADPAC – UK 2012), Gold Standards Framework Prognostic Indicator Guidance (PIG – UK 2014), Supportive and Palliative Care Indicators Tool (SPICT – UK 2014), Necesidades Paliativas (NECPAL – Spagna -Catalogna 2015). In una ricerca recentemente conclusa promossa da AGENAS (Progetto Teseo-Arianna: Studio osservazionale sull’applicazione di un modello integrato di cure palliative domiciliari nell’ambito della rete locale di assistenza a favore di persone con patologie evolutive con limitata aspettativa di vita) è stato utilizzato da 100 MMG il PIG.
Tuttavia lo strumento oggi supportato da maggiori studi è il NEPCAL, recentemente tradotto in italiano e utilizzato nel Progetto Ministeriale “DEMETRA” (Figura 1).
Figura 1 – NEPCAL – comparazione con la somministrazione della sola “Surprise Question (SQ)
Per i pazienti pediatrici l’utilizzo della Paediatric Palliative Screening Scale (PaPaS Scale) facilita la tempestiva introduzione delle Cure Palliative nella traiettoria di malattia di un neonato/bambino/adolescente con patologia inguaribile”.
Per i malati identificati la Conferenza di Consenso già citata raccomanda “l’utilizzo di uno specifico strumento informativo, in cui vengano inserite e conservate informazioni che possono permettere una migliore pianificazione delle cure, percorsi assistenziali coerenti con i bisogni e le preferenze dei malati e dei loro famigliari ed una più efficace integrazione delle attività. Le informazioni, custodite presso la Struttura di coordinamento della Rete Locale di Cure Palliative, devono essere messe a disposizione delle Strutture di erogazione di cura operanti nel territorio di riferimento con l’obiettivo di migliorare la continuità e l’appropriatezza delle cure.
La condivisione di informazioni ha uno scopo conoscitivo ed è importante per la successiva pianificazione delle cure. Tanto è più precoce la identificazione e tanto più il malato non avrà necessità di cure complesse e potrà continuare ad essere seguito dal suo medico di famiglia con approccio palliativo secondo le modalità di offerta già operative sul territorio regionale (Assistenza Domiciliare Integrata – ADI), in un arco temporale che viene prima della presa in carico da parte della RLCP, poiché si tratta di una assistenza a bassa complessità.
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La segnalazione e la condivisione di informazioni con gli altri operatori
La segnalazione è il processo mediante il quale la RLCP viene formalmente investita da una richiesta di valutazione, alla quale può seguire o meno la Presa In Carico (PIC) del malato e della sua famiglia. L’accesso alla RLCP può avvenire a seguito di una delle seguenti condizioni:
- proposta del MMG o del Pediatra di Libera Scelta;
- dimissione protetta da struttura di ricovero (valutazione palliativistica);
- proposta di un medico specialista;
- accesso diretto da parte del malato o del caregiver;
- segnalazione dei servizi sociali.
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La VMD e l’assegnazione al tipo di cure e al setting più appropriato
Per progettare interventi assistenziali mirati ai bisogni del malato cronico complesso è necessaria una valutazione globale dei bisogni che, soprattutto in queste fasi, non sono solo clinici. La “teoria della complessità” permette di confrontarsi con difficoltà che non possono essere affrontate attraverso un pensiero lineare semplicistico, ma basandosi sulla conoscenza dei processi multidimensionali che caratterizzano i “sistemi adattativi complessi” come quelli sanitari.
La VMD (si rimanda ai capitoli 16, 17 e 18 per gli approfondimenti della problematica) è quindi parte fondamentale del processo di presa in carico globale della persona e si configura come un’operazione dinamica e continua che segue il paziente nel suo percorso, esplora le diverse dimensioni della persona nella sua globalità, ovvero la dimensione clinica, la dimensione funzionale, la dimensione cognitiva, la situazione socio-relazionale-ambientale.
La VMD supporta la pianificazione dell’assistenza e, in relazione alla capacità di “stratificare” i malati in rapporto al loro stato di salute, rende possibili i processi di governance. Output della VMD: setting, trigger e rischi prevedibili, obiettivi realisticamente raggiungibili, tempi di follow up e risorse necessarie.
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Il PAI
Il PAI è un documento che definisce un progetto assistenziale che di norma viene condiviso con l’équipe multidisciplinare e multiprofessionale di Cure Palliative, a seguito della valutazione basata sull’analisi attenta dei bisogni globali della persona e della famiglia. Il PAI riporta la valutazione multidimensionale, gli obiettivi terapeutico-assistenziali e il monitoraggio nel tempo. Nel PAI viene delineato il livello di intensità assistenziale di accesso e può prevedere un livello base (malati con bisogni clinici e assistenziali a decorso stabile e con minor tendenza a sviluppare complicanze); in genere il Coefficiente di Intensità Assistenziale (CIA) è inferiore a 0,50 e il responsabile clinico di norma è il MMG. Per malati con bisogni clinici e assistenziali complessi invece, legati anche all’instabilità clinica e ai sintomi di difficile controllo, è assegnato il livello specialistico e il Responsabile Clinico, di norma, è un Medico Palliativista.
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La rivalutazione multi-dimensionale periodica
Il percorso assistenziale di Cure Palliative per uno stesso malato può essere caratterizzato da differenti livelli di intensità assistenziale domiciliare e da differenti set assistenziali. E’ fondamentale una rivalutazione multidimensionale periodica che si colloca in genere ogni volta che si manifesti un nuovo peggioramento. Ad ogni nuova VMD segue ovviamente l’aggiornamento del PAI.
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L’accompagnamento negli ultimi giorni vita
Negli ultimi giorni di vita vi sono bisogni che necessitano di essere identificati e, se possibile. soddisfatti. Va da sé che i problemi che emergono nel fine vita non sempre è possibile risolverli. Un decalogo utile per operatori e Amministratori riporta in sintesi: aumentare la frequenza delle visite, rimodulare la terapia, prestare attenzione al contesto (famiglia), astenersi da comportamenti aggressivi (prelievi, idratazione, alimentazione), concentrarsi sul controllo dei sintomi soprattutto dolore e dispnea, non trascurare i bisogni spirituali,
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La visita di cordoglio e l’eventuale supporto al lutto
La prevenzione del cosiddetto “lutto patologico” deve iniziare ben prima degli ultimi giorni di vita, tuttavia, fare una visita al domicilio della famiglia (la cosiddetta visita di cordoglio) il più presto possibile dopo la morte del paziente per ricordare al paziente/parente che lo si continua ad aiutare e gli si è vicini rafforza il rapporto con la famiglia, testimonia che gli operatori sono ben presenti ed ha un effetto rassicurante per il futuro.
Entro i primi tre mesi (periodo a maggior rischio di sviluppare lutto patologico) è appropriato programmare una visita generale nella quale dare la possibilità al famigliare di esprimere le proprie paure ed emozioni represse e spiegare le caratteristiche “normali” del lutto.
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Cure Palliative e Governance
La RLCP svolge molteplici compiti che la caratterizzano per un ruolo di Governo Clinico, strategia mediante la quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dei servizi e del raggiungimento-mantenimento di elevati standard assistenziali, stimolando la creazione di un ambiente che favorisca l’eccellenza professionale.
Non basta “essere buoni” per erogare Cure Palliative di qualità, mentre è determinante per le reti misurare la qualità delle cure erogate e l’efficienza (analisi costo/benefici).
Per le Cure Palliative Domiciliari valgono i criteri generali riportati nell’articolo 2 del DPCM 14/02/2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”, recepito integralmente dal DPCM 29/11/2001 sui Livelli Essenziali di Assistenza. In sintesi i costi delle cure dipendono da alcune variabili: la natura del bisogno (condizioni psicofisiche, limitazioni funzionali, fattori di contesto ambientale, familiare e sociale); la complessità della cura (composizione dei fattori produttivi impiegati, professionali e di altra natura, e alla loro articolazione nel progetto personalizzato); l’intensità assistenziale (fasi temporali intensiva/estensiva e di lungo assistenza); la durata dell’intervento assistenziale (estensione temporale del piano di cura o di “copertura”).
La complessità dell’intervento è caratterizzata dal mix delle risorse professionali coinvolte nel PAI e misurata dal valore della Giornata Effettiva di Assistenza (valore GEA) in funzione della frequenza e tipologia professionale degli accessi e dalle prestazioni erogate.
L’intensità è invece misurata dal Coefficiente di Intensità Assistenziale (CIA) che è dato dal rapporto tra il valore GEA e il numero delle Giornate di cura (GdC). Il CIA è determinato dagli accessi medici, infermieristici e di altre figure professionali (OSS, fisioterapista, psicologo, assistente sociale), che possono concorrere alla sua determinazione per un valore variabile dal 20 al 50%.
Tra gli adempimenti riportati nelle “Linee Guida per la promozione, lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali Legge 15 marzo 2010 n. 38”, l’articolo 3, sancisce “la definizione e il monitoraggio di indicatori quali-quantitativi della rete di cure palliative, inclusi gli standard della rete delle cure palliative di cui al Decreto 22 febbraio 2007, n. 43”. Questi indicatori (Tabella 3) restano a tutt’oggi il punto di riferimento anche se nell’indagine AGENAS del 2010 e anche in quella del 2014 questi indicatori sono ancora ampiamente disattesi sull’intero territorio nazionale.
Tabella 3: Standard quantitativi e qualitativi DM 43 del 22 febbraio 2007.
Altri Indicatori di rilevante significato per misurare l’efficacia e l’efficienza della RLCP sono riportati nella Tabella 4.
INDICATORE |
| SIGNIFICATO |
Copertura territoriale del servizio | Numero malati assistiti in Cure Palliative di qualsiasi livello non oncologici su numero totale malati assistiti in Cure Palliative. | I malati non oncologci rappresentano la sfida della capacità della Rete di estendere le cure a tutti i malati in fase avanzata |
Tempestività del servizio in risposta a segnalazione | Numero giorni intercorsi tra segnalazione e inizio presa in carico in Cure Palliative | I malati in Cure Palliative possono peggiorare rapidamente |
Durata complessiva dell’assistenza | Numero giorni complessivi intercorsi tra inizio assistenza in Cure Palliative di qualsiasi livello e conclusione | Le Cure Palliative sono costose, tanto più quanto si avvicinano alla fase finale |
Decesso in ospedale per acuti | Numero di malati presi in carico dalla Rete deceduti in ospedale per acuti su totale Numero di malati presi in carico dalla Rete deceduti | E’ probabilmente l’indicatore più forte che misura globalmente sia l’efficacia, sia l’efficienza della RLCP |
Decesso nel luogo desiderato dal malato o dalla famiglia | Numero di malati presi in carico dalla Rete deceduti nel luogo desiderato su totale Numero di malati presi in carico dalla Rete deceduti | Segno di sensibilità ad esaudire i desideri del malato e/o della famiglia |
Controllo dei sintomi disturbanti (es. dolore…) | Numero di malati deceduti con dolore controllato su numero totale di malati deceduti | Indicatore clinico di alto valore etico, anche se sedare dolorem opus divinum est |
Efficienza organizzativa | Numero di accessi domiciliari del medico rispetto agli accessi dell’infermiere | L’infermiere è figura professionale importante e. una parte rilevante delle cure possono essere erogate dall’infermiere. |
Efficienza organizzativa | Numero accessi in DEU, del MCA, numero e “peso” dei ricoveri | Un buon livello organizzativo permette di ridurre gli accessi non appropriati. |
La soddisfazione dell’utenza è ritenuta un importante indicatore qualitativo, ma è molto difficile da misurare, poiché i questionari di “customer satisfaction” sono spesso esposti a molti bias e sono utili solo per evidenziare le criticità. Per contro la metodica del “focus group esperienziali”, eseguiti in un campione di soggetti, analizzando le esperienze e i vissuti direttamente dagli operatori/famigliari può dare una fotografia più nitida dei punti di forza/debolezza della RLCP.
Da ultimo, ma non di secondaria importanza, è fondamentale all’interno della RLCP valorizzare i flussi informativi, sia quelli di tipo gestionale (cartelle condivise), sia quelli indispensabili per la programmazione.
A livello Ministeriale il “cruscotto” delle informazioni è sostenuto dai “Flussi per il monitoraggio della Assistenza Domiciliare” (D.M. 17 dicembre 2008 e sue modifiche 6 Agosto 2012) nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSISS), dalla “Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio dell’assistenza erogata presso gli Hospice” (D.M. 6 giugno 2012).
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Le Cure Palliative e l’etica di accompagnamento
Le decisioni in campo sanitario coinvolgono sempre più questioni radicali che sorpassano la competenza strettamente professionale. Il senso umano del soffrire e del morire permeano il percorso del malato con bisogni di Cure Palliative ed in questo campo, dove più direttamente si decide della dimensione umana dell’uomo, è facile trovare diverse impostazioni morali e scontrarsi sulle grandi questioni aperte che riguardano la vita (eutanasia/ostinazione terapeutica).
La nuova domanda di etica deve comunque tenere conto di alcuni fattori importanti che hanno modificato i rapporti tra medico, malato e famiglia. Il primo di questi fattori coinvolge l’evoluzione della relazione medico-paziente, segnata, a partire dalla fine degli anni ‘60, da un processo che Diego Gracia chiama “emancipazione del paziente” (più adulta, ma anche più conflittuale nel contempo). Il secondo fattore è l’ampliamento delle potenzialità della medicina, sia a livello diagnostico, sia a livello terapeutico, che a livello riabilitativo. Un terzo fattore infine è la sproporzione tra domanda di salute e risorse.
Proprio nel campo delle Cure Palliative si assiste ad un aumento sensibile del bisogno: vi sono sempre più vecchi, sempre più malati, in cui il “tempo del morire” può essere prolungato anche per molti anni. Le scelte degli operatori, del malato e dei suoi famigliari sono spesso difficili, ma il conflitto che si può generare tra operatori può risultare deleterio. Per questo è fondamentale adottare un “metodo” che permetta di argomentare e passo dopo passo prendere la decisione “giusta”. Il primo di questi passi è il confronto sulla appropriatezza clinica. Molte decisioni possono essere prese sulla base della appropriatezza clinica: ciò che non è appropriato non può appartenere all’etica (ad esempio non sono quasi mai appropriata l’alimentazione e l’idratazione negli ultimi giorni di vita).
Quando la clinica non è dirimente occorre rifarsi ad alcuni “Principi” che sono ampiamente riconosciuti e condivisi: Auto-derminazione, Beneficialità, Giustizia, Responsabilità, Dignità, Sacralità della vita…
Il terzo passo per formulare il giudizio etico è da riferire alla esperienza che riesce a valutare le conseguenze della decisione presa, nel contesto particolare del caso.
Nelle fasi di avvicinamento alla fine della vita due sono sostanzialmente i tipi di comportamento che pongono problemi etici: il desiderio di anticipare la morte (eutanasia), il desiderio di prolungare la vita ad ogni costo (ostinazione/accanimento terapeutico). Entrambi rispondono alla strategia della “negazione” e del “controllo”: proteggere ad ogni costo il malato terminale dalla consapevolezza della morte; concentrare ogni sforzo nella lotta contro la morte, sia attraverso il proposito di prolungare la vita a qualunque costo, sia attraverso il tentativo di anticipare la morte.
Esiste una alternativa ed è la strategia dell’accompagnamento, che ha come presupposti: riconoscere i limiti della medicina (non proporre o interrompere trattamenti sproporzionati); restare vicini al malato per dargli la possibilità di esprimere i suoi sentimenti; spostare l’obiettivo dello sforzo terapeutico dal guarire al prendersi cura orientando i trattamenti verso la cura dei sintomi e il sollievo dal dolore.
Compito specifico dell’etica dell’accompagnamento è indicare le condizioni attraverso le quali passa una morte “degna”, recuperare le condizioni che ci possono far dire “è morto bene”. Tali condizioni si basano su un presupposto antropologico: un malato nella fase finale della propria vita continua ad essere una persona con le sue caratteristiche, la sua dignità. La persona, se aiutata, è in grado di mantenere una relazione con ciò che la circonda e di decidere come dare un significato di compimento all’ultima parte della sua vita. Da questo presupposto nasce il criterio di fondo che ispira l’etica dell’accompagnamento: aiutare a vivere fino all’ultimo istante.
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Acronimi
- ADI: Assistenza Domiciliare Integrata
- AGENAS: AGEnzia NAzionale per i Servizi Sanitari Regionali
- ASL: Azienda Sanitaria Locale
- BPCO: BroncoPneumoPatia Cronica
- CIA: Coefficiente di Intensità Assistenziale
- GEA: Giornata Effettiva di Assistenza
- GdC: numero delle Giornate di Cura (GdC)
- LEA: Livelli Essenziali di Assistenza
- MMG: Medico di Medicina Generale
- NECPAL: Necesidades Paliativas
- OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO: World Health Organization)
- OSS: Operatore SocioSanitario
- PAI: Piano Assistenziale Individuale
- PaPaS: Paediatric Palliative Screening Scale
- PIC: Presa in Carico
- PIG: Gold Standards Framework Prognostic Indicator Guidance
- QdV: Qualità di Vita
- RADPAC: RADboud Indicators for Palliative Care Needs
- RLCP: Rete Locale di Cure Palliative
- SPICT: Supportive and Palliative Care Indicators Tool
- UCP: Unità di Cure Palliative
- VMD: Valutazione Muldi-Dimensionale
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Bibliografia
- Cancer pain relief and palliative care. Report of a WHO Expert Committee (WHO Technical Report Series, No.804, Geneva, WHO 1990
- Scaccabarozzi et AL: Progettare e realizzare il miglioramento nei Servizi di Cure Domiciliari – Corso di Formazione Manageriale per Dirigenti di Struttura Complessa dell’Area di Sanità Pubblica- Scuola IREF-Bocconi-Ottobre, 2001
- Xavier Gòmez-Batiste et Al. Prevalence and characteristics of patients with advanced chronic conditions in need of palliative care in the general population: A cross-sectional study. Palliative Medicine 2014, Vol. 28(4) 302–311
- Global Atlas of Palliative Care at the End of Life January 2014, Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world.
- Quality Standards for End of life care of adults. National Institute for health and Clinical Excellence (NICE) 12/2011
- Tanuseputro P. et al. “The Health care cost of dying: a population based retrospective cohort study of the last year of life in Ontario- Canada” PLOS ONE 2015, March 26
- Smith T.J. Hillner B.E. “Bending the cost curve in cancer care”. E.J.M. 2011:364; 2060-65
- Sawatsky R. et al. “Conceptual foundations of a palliative care approach: a knowledge synthesis” BMC Pall.Care 2016 15:5
- AGENAS – Studio osservazionale sull’applicazione di un modello integrato di cure palliative domiciliari nell’ambito della rete locale di assistenza a favore di persone con patologie evolutive con limitata aspettativa di vita. http://www.italialongeva.it/long-term-care-one-2/
- Bernabei R. et al “Second and Third Generation Assessment Instruments: The Birth of Standardization in Geriatric Care” Journal of Gerontology 2008 Vol. 63°, N° 3 308-313
- Cancian M., Lora Aprile P., “Le cure palliative in Medicina Generale: aspetti etici, relazionali, clinici e organizzativi. Pacini Editore, Pisa, 2004 pp. 211
- Scaccabarozzi, P. Lora Aprile, P. Lovaglio, MD. Bellentani, M. Crippa. Sviluppo del LEA Cure Palliative Domiciliari nelle ASL. 7° Supplemento al n.26- I quaderni di Monitor-AGENAS, 2010
- Hearevy Max Cochinov. LA Terapia della dignità. Parole per il tempo che rimane. Il Pensiero Scientifico Editore, 2015. Cap. II° pp. 57