Capitolo 7 – Il Paziente Esperto

Capitolo 7 – Il Paziente Esperto

Paola Kruger, Silvia Laura Maria Forni

Indice del capitolo

Ritorna all’indice del Manuale

Che cosa chiedono le persone con fragilità agli operatori di sanità pubblica?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» (WHO, 2006). Dal 2008 è in corso un dibattito su un nuovo concetto di salute più attuale, che tenga conto del contesto epidemiologico e sociale in cui ora viviamo. Le definizioni più attuali del concetto di salute fanno riferimento alla “capacità di adattarsi e autogestirsi” al fine di mantenere e ripristinare il proprio equilibrio e senso di benessere, sottolineando una dimensione dinamica di salute (Huber, 2011).

Questo approccio fa riferimento alla capacità della singola persona di convivere con uno stato di malattia e di adattarsi al fine di mantenere una qualità di vita che risponda ai propri desideri, desideri che possono mutare a seconda delle condizioni e dell’età. Il sistema sanitario deve costruire le condizioni affinché i bisogni di cura e sociali delle persone che vivono condizioni di fragilità o cronicità trovino risposte e supportarle dunque a recuperare e mantenere il miglior livello di benessere possibile.

La prima necessità di persone che soffrono una condizione di fragilità e dei loro caregiver è una presa in carico dei propri molteplici bisogni efficiente e coordinata da parte dei vari operatori di sanità pubblica con cui devono confrontarsi. E tale presa in carico passa necessariamente dalla capacità di tutti gli attori del sistema sanitario di conoscere tali bisogni, che cambiano tra persone e nel tempo. Già da questo emerge chiara la complessità del tema: la fragilità fa riferimento a un insieme variegato di persone con bisogni differenti tra loro e mutevoli nell’arco della vita. Tra i bisogni di tali persone vanno compresi:

  • la cura di una o più eventuali patologie, anche di natura mentale, che possono dare problemi di salute in modo continuativo (ad esempio una patologia cronica) oppure episodico (ad esempio un infarto del miocardio);
  • supporto alle attività di vita quotidiana, come conseguenza di disabilità fisica o psichica più o meno invalidante;
  • supporto nella gestione di terapie farmacologiche complesse;
  • supporto nella adesione a percorsi di diagnosi e cura;
  • supporto sociale nella gestione di contesti di vita svantaggiati oppure resi tali a seguito di eventi traumatici, come la perdita di un caro.

Alcuni dei bisogni sono specifici dell’età come la necessità di supporto per le attività della vita quotidiana da parte di persone anziane con compromessa capacità motoria. Ma fanno parte di questi bisogni il necessario supporto a bambini che vivono in condizioni di disabilità utile a prendere parte alle attività della vita quotidiana tipiche della loro età, come accedere all’istruzione scolastica. Inoltre bisogni di cura e assistenza sono specifici della condizione sanitaria che determina la fragilità, che può essere cronica ma anche conseguenza di traumi o eventi acuti.

Molteplici attori del sistema sanitario sono preposti a fornire assistenza a un insieme variegato di persone che vivono una condizione di fragilità e di bisogni che mutano e riguardano aspetti sanitari e sociali. Nel sistema sanitario nazionale il setting socio- sanitario territoriale è individuato come il principale attore della presa in carico di questi pazienti. Gran parte dei bisogni delle persone fragili deve trovare risposta in quella che noi chiamiamo assistenza socio-sanitaria territoriale. Questa scelta mira a fornire assistenza a tali persone al domicilio al fine di sostenere e promuovere il coinvolgimento nel proprio contesto sociale.

Quando parliamo di assistenza territoriale gli attori in campo sono vari e comprendono ad esempio la medicina di base, assistenza specialistica, compresa quella riabilitativa e assistenza domiciliare e residenziale. Nelle maglie di tale sistema la persona con fragilità rischia di non trovare la propria via e di avere accesso ad un’assistenza sanitaria sub-ottimale. Sistemi di assistenza in cui gli attori lavorano a silos non comunicanti in modo autoreferenziale diventano barriere invalicabili per la persona con fragilità. È dunque fondamentale lavorare al coordinamento di tutti questi attori che hanno in carico persone con fragilità al fine di rendere il sistema di assistenza fluido per il paziente e ridurre il rischio di intoppi. Ogni persona che vive in condizione di fragile deve avere una figura di riferimento con cui concordare un percorso di cura che faciliti il passaggio tra i vari attori del sistema e sia disponibile a confronti periodici utili a rivedere i piani di assistenza pattuito.

Altro tema fondamentale è l’assistenza sociale che troppo spesso è insufficientemente integrata con quella sanitaria. Le persone sperimentano bisogni multi-sfaccettati a cui possono dare risposta attori del sistema sanitario e sociale: è fondamentale che il confronto e la relazione tra tali attori avvenga in modo trasparente per il paziente, che non deve diventare veicolo dello scambio di informazioni tra il sanitario ed il sociale.

Infine va considerato che diversi aspetti dell’assistenza sociale e sanitaria sono oggi prerogativa del terzo settore. Enti e associazioni del terzo settore riescono in modo spesso più fluido rispetto al sistema pubblico a dare risposte a bisogni, in particolare di natura sociale, di questi paziente. Anche in questo caso è fondamentale l’integrazione e il confronto tra terzo e primo settore in modo da dare una risposta organica ai bisogni dei pazienti.

Solamente sviluppando un buon livello di coordinamento tra le figure e i servizi sarà possibile auspicare che le attività di prevenzione dell’aggravamento della condizione di fragilità vengano efficacemente comprese da tali soggetti che non sempre le percepiscono un loro bisogno prioritario. È dunque fondamentale che chi ha in carico questi pazienti abbia il tempo e sviluppi una capacità di relazione in modo da mettere la persona in condizione di comprenderne il valore e l’importante ricaduta nella propria vita di un’attività di prevenzione dell’aggravamento delle condizioni di fragilità.

Essenzialmente i pazienti con fragilità hanno bisogno di un sistema di assistenza socio-sanitario che preveda una presa in carico completa e coordinata dai vari attori. La pianificazione condivisa dell’assistenza deve partire dalla condivisione di conoscenze e competenze da parte di operatori socio-sanitari e pazienti, che devono poter esprimente le loro aspettative, desideri e obiettivi di vita. Inoltre coordinamento e dialogo tra i diversi operatori socio-sanitari e il paziente stesso deve portare alla definizione di percorsi di accesso alle cure fluidi e equi, riducendo il carico di pratiche burocratiche sulle spalle del paziente. L’informatizzazione potrà dare un gran contributo in questo senso, ma purtroppo l’Italia è colpevolmente in ritardo su questa strada.

Torna all’indice del capitolo

Tra patient engagement e patient empowerment: la figura del “paziente esperto”

Negli ultimi anni la sanità è stata protagonista di un cambio epocale con il passaggio da una medicina basata sulla cura della malattia ad una medicina basata sulla cura della salute. Questo nuovo paradigma ha avuto come conseguenza una rivoluzione nell’organizzazione del sistema salute, da “medico centrica” a “paziente centrica” poiché la cura della salute presuppone un coinvolgimento attivo dell’utenza.

Inoltre, si è compreso che solo chi vive con un problema di salute può fornire informazioni dettagliate sulla convivenza quotidiana con la malattia. Le conoscenze del medico, fondamentali per curare la persona, devono essere integrate con le conoscenze di convivenza della malattia per poter arrivare a soluzioni che non curino solo la malattia in sè, bensì riconducano ad uno stato di salute globale che comprenda la qualità di vita.

In particolare, il coinvolgimento attivo di chi si trova ad affrontare un problema di salute è parte integrante della cura, perché permette al paziente di avere un ruolo da protagonista nella risoluzione dei propri problemi di salute, ma anche di trasmettere alla persona che lo cura informazioni preziose circa la condizione che lo affligge. L’integrazione tra i due saperi, tecnico ed esperenziale, e la partecipazione attiva del paziente al proprio percorso di cura sono tra i fattori determinanti per la risoluzione dei problemi di salute, in particolar modo nell’ambito delle malattie croniche come anche riconosciuto dall’OMS, secondo cui il coinvolgimento attivo dei pazienti cronici, di cui è affetto il 77% dei pazienti appartenenti ai paesi europei rappresentati dall’organizzazione, è di fondamentale importanza per gestire in modo appropriato la propria condizione, incentivare l’aderenza alle terapie e la partecipazione alle decisioni cliniche (WHO, 2015).

La patologia cronica, quindi, rappresenta una delle fragilità più importanti dei giorni nostri ed è proprio in ambito cronicità che troviamo le maggiori evidenze dell’impatto positivo del coinvolgimento attivo dei pazienti consapevoli sulle cure e sulla salute a riprova che un paziente formato ed informato ha migliori strumenti per affrontare le fragilità derivanti da una malattia cronica. L’enfasi nel contesto di questo capitolo è quindi sulla parola paziente e non cittadino, poiché sebbene sia vero che tutti i pazienti sono cittadini, non tutti i cittadini sono pazienti, e in particolare pazienti cronici.

Il cambio di paradigma della sanità e la consapevolezza dell’importanza di coinvolgere chi ha esperienza diretta di malattia ha avuto, di conseguenza, un impatto significativo anche sul ruolo del paziente. Infatti, il ruolo del paziente come stakeholder del sistema salute si è evoluto radicalmente negli ultimi anni, in larga parte grazie alla facilità di accesso alle informazioni, ma anche perché si è assistito ad un cambio di mentalità del paziente che non vuole più sentirsi oggetto della medicina, bensì soggetto. In Europa è nel Regno Unito che si è sviluppato il concetto di inclusione del paziente nel mondo sanitario, in primo luogo riguardo alla gestione della propria salute, ma successivamente anche come soggetto attivo delle politiche sanitarie; infatti, il concetto di “PPI” Patient and Public Involvement è ben radicato nella cultura anglosassone ed è uno dei pilastri del sistema salute.

Anche in Italia si è assistito gradualmente ad un sempre maggiore coinvolgimento dei pazienti nei percorsi di cura, e nelle politiche sanitarie, riconoscendo la legittimità della loro richiesta di autodeterminazione e di coinvolgimento in decisioni che li riguardano.

Questo desiderio di coinvolgimento attivo è ben definito dalla parola Patient Engagement.

L’AHRQ, Agency for Healthcare Research and Quality (USA), definisce il Patient Engagement “il coinvolgimento delle persone (e di altre persone che designano per impegnarsi a loro nome) nelle loro cure, con l’obiettivo di essere competenti e ben informate per prendere decisioni sulla loro salute e assistenza sanitaria e di agire per sostenere tali decisioni.”

Fattori abilitanti sono l’educazione sanitaria e la disponibilità di informazioni corrette. Grazie al coinvolgimento attivo i pazienti possono prendere decisioni migliori e consapevoli sul proprio percorso di cura e benessere generale.

Un altro termine che si accompagna frequentemente a Patient Engagement è Patient Empowerment.

Patient Empowerment è un termine multidimensionale che può essere sintetizzato comeuna strategia che attraverso l’educazione sanitaria e la promozione di comportamenti favorevoli alla salute, fornisce alla persona gli strumenti critici per prendere decisioni migliori per il proprio benessere, riducendo le diseguaglianze culturali e sociali” (Corbett, 2012).

Il paziente “empowered”, cioè informato e consapevole, adotta un comportamento favorevole al mantenimento della propria salute e partecipa attivamente allo svolgimento delle proprie cure, esercitando il diritto ad essere informato su tutti gli aspetti medici che lo riguardano e compiendo scelte più responsabili in merito alla propria salute.

Un protagonismo della persona che anche il Piano Nazionale della Cronicità indica come via maestra per l’innovazione sanitaria.

“I vantaggi del Patient Empowerment ci sono e non sono trascurabili, un paziente al centro del proprio processo di salute e di cure, si sente responsabilizzato, incluso nei processi decisionali è un paziente che è capace di aumentare la propria compliance rispetto alle terapie proposte. Aumenta anche il senso di responsabilità nella fruizione dei servizi sanitari. Un paziente cosciente ed informato, sa come prevenire le malattie più comuni derivanti da comportamenti scorretti ed altrettanto sa come gestirsi nel processo di cura” (http://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2016-08-01/vantaggi-e-rischi-coinvolgimento-paziente-sanita-105528.php?uuid=ADN72X0).

Tra i pazienti “engaged” e/o “empowered” emerge la figura del Paziente Esperto.

Il primo concetto di Paziente Esperto fu formulato nel 1985 dal prof. David Tucket, dell’Università di Cambridge. Tucket affermò che le cure mediche sarebbero state più efficaci se i medici avessero considerato i pazienti come esperti delle proprie patologie. Di per sé, il paziente aggiunge di fatto, la percezione della propria patologia, i cambiamenti che avvengono nel corso delle terapie, sempre in relazione stretta con il proprio medico, le sue competenze e con quelle di tutte le altre professioni sanitarie coinvolte.

Il concetto di Paziente Esperto deriva quindi dalla logica di nuovi approcci scientifici in linea con le innovazioni tecnologiche e con nuovi modelli operativi e collaborativi tra tutte le parti coinvolte, in un processo di empowerment, soprattutto in sede di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, quindi, anche con Industrie bio-farmaceutiche, enti regolatori e tutti gli stakeholder.

In anni recenti è andata definendosi la figura del Paziente Esperto nella propria patologia (paziente e/o caregiver) come persona che grazie a un expertise di malattia e una formazione tecnica possiede un valore di conoscenza che può essere messo a disposizione della comunità scientifica e degli altri pazienti.

Tuttavia, nonostante sia oggi assodata l’importanza di coinvolgere i pazienti in tutti gli aspetti relativi alla ricerca clinica, alla programmazione dell’assistenza sanitaria, e in generale nelle decisioni in ambito salute, la loro inclusione è limitata perché ancora si ritiene che non abbiano sufficienti conoscenze tecniche e comprensione delle dinamiche sanitarie.

Torna all’indice del capitolo

Il Progetto europeo EUPATI (European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation) e l’Accademia del Paziente Esperto

Il progetto EUPATI (European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation) nasce come progetto europeo finanziato da IMI (Innovative Medicine Initiative https://www.imi.europa.eu ), una partnership pubblico-privata tra la Commissione Europea e la Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche (EFPIA), organismo di rappresentanza delle aziende farmaceutiche europee. Obiettivo del progetto è stato, ed è tutt’ora, la formazione dei pazienti in ricerca e sviluppo dei farmaci, nella convinzione che pazienti opportunamente formati siano in grado di partecipare al processo di sviluppo dei farmaci in maniera attiva. La promozione della formazione di pazienti in quest’area è da tempo riconosciuta come una priorità, anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco che dal 2019 prevede l’inclusione dei pazienti o loro associazioni a supporto dei percorsi decisionali sui farmaci (Det. DG/1839/2019 del 06/12/2019).

Il progetto europeo EUPATI nasce quindi proprio per condividere a livello europeo percorsi di formazione specifici sulla figura del Paziente Esperto in ricerca e sviluppo dei farmaci. In questo contesto, il Paziente Esperto non solo mette a disposizione la sua esperienza di malattia, ma acquisendo attraverso una formazione specialistica una expertise specifica sulla sperimentazione dei farmaci può contribuire a portare la voce del paziente in tutte le varie fasi di ricerca, dalla pre-clinica alla commercializzazione, fino al Market Access e lungo tutto il ciclo di vita del farmaco. Il valore del Paziente Esperto formato nelle sperimentazioni cliniche non è più, dunque, solo riferibile alla sua expertise della specifica patologia o condizione di cronicità, bensì a questa si aggiunge una expertise tecnica che lo rende il partner ideale per la collaborazione con medici, aziende farmaceutiche, istituzioni e tutti gli stakeholder del sistema salute.

Dopo la conclusione del finanziamento IMI nel 2017 la formazione EUPATI è proseguita sotto l’egida di EPF (European Patients’ Forum) e da agosto 2020 EUPATI è registrata come fondazione no-profit indipendente.

Oltre al corso di formazione per Pazienti Esperti, EUPATI ha sviluppato un Toolbox, (https://toolbox.eupati.eu) cioè una risorsa digitale dove trovare informazioni validate sullo sviluppo dei farmaci e sul Patient Engagement in varie lingue e riproducibile secondo le regole di Creative Commons.

EUPATI ha anche dato vita a una serie di piattaforme nazionali, e in Italia l’Accademia del Paziente Esperto EUPATI (AdPEE) ha come missione la formazione qualificata dei pazienti italiani nell’ambito della Ricerca e Sviluppo dei Farmaci e di tutte le Innovazioni Terapeutiche.

In linea con gli obiettivi perseguiti dal progetto europeo EUPATI l’obiettivo di AdPEE è anche quello di sensibilizzare la pubblica opinione sulla necessità di formare i pazienti e i caregiver sulla ricerca e lo sviluppo dei farmaci, facendoli diventare soggetti coinvolti e attivi nella gestione della salute.

Torna all’indice del capitolo

Approccio-strumenti-esperienze di Pazienti Esperti per la prevenzione-gestione delle fragilità

L’approccio dei Pazienti Esperti EUPATI nella gestione delle fragilità correlate alla propria patologia cronica è quella di un paziente informato e consapevole, che non vive il proprio percorso di cura da spettatore passivo, bensì da attivo partecipante. È la formazione il fattore abilitante, poiché la conoscenza approfondita dello sviluppo dei farmaci rimuove il naturale senso di soggezione e inadeguatezza nei confronti dei medici e dei sanitari in genere che, spesso, porta a non fare domande. Grazie alla formazione le terapie assegnate diventano fonte di dialogo costruttivo, di approfondimento sulla patologia e, in ultima analisi, di maggiore aderenza perché il dialogo “informato” permette di comprendere il razionale delle cure assegnate e di condividerne la scelta in un’alleanza medico-paziente ormai riconosciuta come la base necessaria per un’ottimale gestione delle patologie croniche.

Oltre ai benefici della formazione i Pazienti Esperti EUPATI hanno a disposizione diversi utili strumenti per affrontare da protagonisti la propria condizione per prevenire che da questa ne derivi anche una condizione di fragilità: l’informazione gioca un ruolo fondamentale e oltre alle informazioni validate del corso e quelle presenti nel Toolbox e a disposizione del pubblico la formazione da Paziente Esperto permette di acquisire la capacità di orientarsi nel mondo delle pubblicazioni scientifiche e comprenderle.

In aggiunta, i Pazienti Esperti EUPATI possono fare affidamento sul network dei pazienti formati per scambiarsi idee, trovare risoluzione a dubbi e confrontarsi su temi che interessano più patologie. Questo approccio “di gruppo” ad eventuali problemi di fragilità fa sì che i Pazienti Esperti non siano mai soli ad affrontare eventuali criticità di salute e soprattutto possano contare su possibili soluzioni che vengono dagli altri pazienti, invece che solo dai sanitari o dalle istituzioni come succede normalmente. I Pazienti Esperti hanno le risorse per trovare possibili soluzioni alle loro problematiche all’interno del network. Infine, c’è la messa a fattor comune delle esperienze maturate da altri Pazienti Esperti.

Per sintetizzare, sono tre i fattori abilitanti ad una gestione “empowered” delle fragilità associate alla cronicità di cui beneficiano i Pazienti Esperti EUPATI:

  • formazione;
  • informazione;
  • condivisione (di esperienze e conoscenze).

Alla fine del proprio percorso i Pazienti Esperti EUPATI si adoperano, tra le tante attività, anche a supportare l’informazione e l’empowerment di altri pazienti ed infatti cominciano ad emergere alcune esperienze che ben rappresentano la nuova realtà del Paziente Esperto nella gestione della fragilità e coinvolgimento attivo di altri pazienti cronici.

Un esempio è il progetto “Paziente Esperto presso il Centro Sclerosi Multipla” attivato all’ospedale San Camillo e istituito con Delibera del Direttore Generale del 1/4/2019. Il progetto prevede la collaborazione con un Paziente Esperto EUPATI e si pone tre obiettivi:

  • offrire una risposta concreta alle necessità dei pazienti del Centro Sclerosi Multipla;
  • fornire un sostegno strutturato “ai pazienti dai pazienti” per sostenere l’empowerment personale nei confronti della malattia e delle sue fragilità;
  • coinvolgere i pazienti nella realizzazione di servizi a loro dedicati ed incentivarli alla partecipazione attiva nella risoluzione delle problematiche ospedaliere.

Ecco, quindi, un esempio concreto di come le competenze acquisite dal Paziente Esperto EUPATI siano utili a sé stessi e agli altri pazienti per migliorare l’autogestione delle fragilità e promuovere il ruolo attivo dei pazienti.

Torna all’indice del capitolo

Acronimi

  • AdPEE: Accademia del Paziente Esperto EUPATI
  • AHRQ: Agency for Healthcare Research and Quality
  • EFPIA: Federazione Europea delle Associazioni e delle Industrie Farmaceutiche
  • EUPATI: European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation
  • IMI: Innovative Medicine Initiative
  • OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità
  • PPI: Patient and Public Involvement

Torna all’indice del capitolo

Glossario

  • Patient Empowerment: una strategia che attraverso l’educazione sanitaria e la promozione di comportamenti favorevoli alla salute, fornisce alla persona gli strumenti critici per prendere decisioni migliori per il proprio benessere, riducendo le diseguaglianze culturali e sociali.
  • Patient Engagement: il coinvolgimento delle persone (e di altre persone che designano per impegnarsi a loro nome) nelle loro cure, con l’obiettivo di essere competenti e ben informate per prendere decisioni sulla loro salute e assistenza sanitaria e di agire per sostenere tali decisioni.

Torna all’indice del capitolo

Bibliografia

Corbett M. (2012). The Savvy Patient’s Tookit Infinity Publishing 2012

Huber M et al. (2011). How should we define health? BMJ 2011;343:d4163

WHO.  (2006) Constitution of the World Health Organization. 2006 – https://www.who.int/governance/eb/who_constitution_en.pdf

WHO Regional Office for Europe (2015). Engaging patients, carers and communities for coordinate/integrated health services delivery: strategies and tools Working Document, 2015

Torna all’indice del capitolo

Ritorna all’indice del Manuale