Lunedì, 8 Novembre 2021
Proseguiamo con il secondo approfondimento de “Il Libro Azzurro per la riforma delle Cure Primarie in Italia” , dedicato alla sezione Partecipazione della Comunità che sviluppa le proposte:
- Aprire i servizi al territorio
- Conoscere territorio e comunità
- Comunanza di strumenti e strategie per la salute della comunità
- Operatori formati per lavorare nelle Cure Primarie
- I luoghi “strategici” della comunità
- Interventi basati sulle evidenze e sulle buone pratiche locali
Partecipazione della Comunità: perché?
“La partecipazione è riconoscimento delle diversità, di bisogni e di risorse, di educazione alla libertà, alla responsabilità, alla democrazia. Generare salute è attività politica, che riguarda la popolazione ed è risultato del dibattito pubblico che precede e si affianca alla delega.
È ampiamente evidenziato che solo la partecipazione, quale processo sia individuale che collettivo, consente il perseguimento della salute come benessere, la possibilità di vita piena del soggetto e della comunità. Quindi è un processo indispensabile per l’efficacia delle cure e dell’assistenza, ma soprattutto per la sostenibilità del sistema. Per queste ragioni la partecipazione della comunità è il fattore fondante dei principali modelli internazionali di riferimento per le Cure Primarie.”
Partecipazione della Comunità: criticità attuali
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“Le attuali Cure Primarie dovrebbero riguardare la salute delle persone, ma spesso non le rendono partecipi e dunque rischiano di partire da “bisogni presunti” e non da “bisogni sentiti come di proprio interesse dalla popolazione”.
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I servizi faticano a conoscere il territorio, non lo vivono, evitano di farne parte e quindi non sempre entrano in dialogo con le sue risorse, i suoi bisogni, le sue fragilità.
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In alcuni contesti, i servizi si autopromuovono come produttori di progetti per accedere ai fondi disponibili, privilegiano i propri bisogni e assumono il controllo e la gestione delle risposte non riconoscendo la comunità come soggetto attivo. Il loro approccio alla comunità rischia quindi di essere strumentale anziché partecipativo, considerandola oggetto e non soggetto di salute. Per questo i progetti si rivelano poco efficaci e non effettivi, non avendo seguito nel medio-lungo termine.
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I servizi frequentemente intendono per partecipazione della comunità la mera informazione o l’intervenire su di essa. La privano così dei diritti partecipativi che garantiscono equità, sviluppo, autodeterminazione, democrazia.
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Attualmente la mission dei servizi è rispondere a disagi, problemi, secondo modalità d’attesa, reattive, spesso esclusivamente a fronte di domande poste da chi è in grado di portarle alla loro attenzione; non hanno atteggiamenti e metodi di iniziativa, preventivi, proattivi, promuovendo l’agio e intervenendo in anticipo sul peggioramento e sulle crisi, supportando lo sviluppo di comunità attraverso la creazione di spazi relazionali, di cogestione, di scambio, di promozione della salute.
Per queste ragioni la comunità è debole ed i suoi membri -spesso inconsapevoli della propria fragilità e delle proprie potenzialità di sviluppo del loro stesso benessere- delegano completamente ai servizi, sanitari e sociali, la responsabilità e le scelte che li riguardano e che determinano le loro opportunità di partecipazione sociale e di vita piena.”