Cap. 23 – L’educazione terapeutica nel contesto ospedaliero

Capitolo del Manuale per operatori “Educare alla Salute e all’Assistenza”

Autori: Umberto Valentini, Stefania Vacchi, Angela Girelli, Antonino Cimino, Silvia Ciaccio, Luisa Alessandrini

Indice

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L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA, UN PROCESSO DI CURA SENZA COMPARTIMENTI STAGNI

Il miglioramento delle condizioni di vita, i progressi della medicina ed il conseguente allungamento dell’età media hanno determinato negli ultimi anni una profonda trasformazione dell’assistenza sanitaria. La medicina per acuti rappresenta ormai solo una minima parte dei problemi che devono essere affrontati in medicina, mentre si è assistito in tutte le regioni del mondo ad un progressivo incremento delle malattie croniche, che sono diventate una vera emergenza, infatti:

  • rappresentano più dell’80% delle malattie che colpiscono le popo­lazioni dei paesi occidentali e sono in drammatico aumento (invecchiamento della popolazione, sedentarietà, alimentazione scorretta, superamento delle malattie acute, ecc…)
  • assorbono più del 70% dei costi sanitari diretti e una cifra identica in costi sanitari indiretti
  • provocano più dell’80% dei ricoveri ospedalieri determinati da episodi acuti della malattia cronica
  • sono responsabili del 56% di tutte le morti
  • non sono solo appannaggio dell’età avanzata, ma la maggior parte compare tra i 15 e i 69 anni;
  • richiedono un’assistenza sanitaria più complessa rispetto alla malattia acuta ed è difficile mantenere la continuità e il coordinamento assistenziali
  • richiedono controlli (visite mediche, esami strumentali, ecc…) e terapie continue per tutta la vita
  • si possono, nella maggior parte dei casi, curare bene, con successo.

Gli effetti e l’impatto per i sistemi sanitari nei prossimi anni potrebbero essere “devastanti” se non si pongono in atto modalità diverse di assistenza e prevenzione. La cura di un paziente affetto da una malattia cronica implica modificazioni profonde nella pratica e nell’organizzazione medica.

La pratica medica, in particolare durante la degenza, è spesso strutturata secondo una gerarchia che vede il medico al vertice della scala, al di sopra degli altri professionisti della salute, con il paziente al livello più basso: l’atteggiamento che ci si attende dal paziente in questo modello assistenziale, una volta segnalato al proprio medico lo stato di malessere, è quello di “affidarsi” a lui e di seguire attentamente le sue indicazioni. Queste forme di passività sono proprie della cura di malati acuti, come i traumatizzati, la cui partecipazione al processo di cura è necessariamente limitata, ma nell’assistenza alle persone con malattia cronica può indurre una sorta di elusione delle proprie responsabilità e può causare il fallimento della terapia.

È pertanto opportuno introdurre nuove forme di responsabilizzazione e di coinvolgimento attivo nel processo di cura sin dal ricovero, affinché l’assistito ed i suoi familiari possano acquisire gli strumenti per autogestirsi e collaborare in forma proattiva con i sanitari (patient empowerment).

Rispetto al malato acuto che subisce passivamente, il malato cronico deve essere un soggetto centrale ed attivo nella cura. La centralità della persona non ha solo un significato etico, ma, nel caso della malattia cronica, diventa l’elemento essenziale per il successo della terapia: anche la cura più efficace, moderna, costosa, non dà alcun risultato se il paziente non è in grado di metterla correttamente in atto.

L’educazione all’autogestione delle malattie croniche è un processo di facilitazione delle conoscenze, abilità e comportamenti, fondamentale nella cura. Essa ha come obiettivo quello di fare sviluppare la capacità di prendere decisioni da parte della persona con malattia cronica, che a tutti gli effetti farà parte del team di cura, con cui condivide obiettivi di miglioramento dei risultati clinici, dello stato di salute e della qualità di vita. La persona con malattia cronica è una risorsa ineludibile per ottenere il miglior risultato clinico possibile, infatti il 95% della cura è a carico del paziente e della sua famiglia.

Nella gestione e nella cura di una malattia cronica una delle esigenze prioritarie è il superamento dell’organizzazione a “compartimenti stagni”, per avvicinarsi ad un modello di gestione articolato su più livelli, in grado di integrare al meglio le competenze e le risorse disponibili. Infatti, è necessario:

  • portare il paziente ad una autogestione consapevole della malattia e del percorso di cura
  • prevenire le complicanze croniche e gli eventi acuti
  • monitorare i processi di cura definiti dall’implementazione delle linee guida di riferimento (Percorso diagnostico Terapeutico Assistenziale)
  • realizzare banche dati cliniche e amministrative (informatiche) che permettano di seguire nel tempo il paziente
  • creare un’organizzazione adeguata, diversa da quella per l’acuto;
  • avere una comunicazione efficace.

Il Chronic Care Model – CCM (Wagner, 1998), ormai ampiamente affermato in campo internazionale, propone una visione d’insieme delle variabili fondamentali di un sistema organizzativo orientato a gestire i pazienti con patologia a lungo termine. Il presupposto di questo modello è che, per essere efficaci, efficienti e attenti ai bisogni globali dei pazienti, ogni componente della relazione assistenziale (operatori, pazienti ma anche sistema organizzativo) deve svolgere una funzione ben definita e valutabile.

Il Chronic Care Model pone, in un unico quadro d’insieme, tutti quei fattori organizzativi ed operativi del sistema assistenziale e della comunità che risultano predisponenti per l’azione efficace delle “persone”, dalle cui attività scaturiscono i risultati attesi (clinici e funzionali). È proprio in quest’ultima area, relativa alle performance assistenziali erogate dagli operatori ai pazienti, che prende corpo il Percorso Assistenziale.

Con la sua impronta sistemica, il Chronic Care Model fornisce, quindi, un messaggio chiaro, che può essere sintetizzabile nella maniera seguente. Un’organizzazione che voglia applicare efficacemente il Chronic Care Model:

  1. deve rivedere una serie di “leve di sistema” (gli assetti organizzativi, i processi decisionali, il sistema informativo, etc.) per creare quelle condizioni di contesto necessarie a gestire i fabbisogni legati alle patologie a lungo termine;
  2. deve, allo stesso tempo, fornire a tutti gli “attori del sistema” gli strumenti che possano facilitare quella interazione costruttiva tra il paziente (“informato ed attivo”) e il team di operatori, “preparato e proattivo”, che sta alla base del generarsi dei risultati attesi.

Pertanto, gli aspetti principali per gestire efficacemente i pazienti con patologia a lungo termine nelle aziende sanitarie sono i seguenti:

  • il progetto individuale di salute “globale”, costruito insieme al paziente attraverso un “patto terapeutico personalizzato”, nel quale la malattia non si consideri solo come malattia clinica (disease) ma anche come malattia vissuta (illness);
  • gli “esiti” e i “processi” assistenziali attivati (il “Percorso Assistenziale”);
  • il sistema organizzativo, su quanto, cioè, l’organizzazione riesca a compiere, considerato che dalle esperienze internazionali più affermate emerge la necessità di attivare “leve di sistema” sinergicamente integrate per ottenere risultati validi sui pazienti.

I pazienti con patologia a lungo termine, vengono assistiti in funzione della complessità della malattia: la diversificazione delle funzioni implica Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali condivisi tra i differenti attori assistenziali (ospedale, specialistica ambulatoriale, assistenza primaria), ma diversificati rispetto ai vari pazienti.

La piramide non va letta in termini valoriali, cioè secondo una scala “superiore-inferiore”: la prospettiva di questa diversificazione di funzioni è, infatti, quella di valorizzare le differenze tra le diverse professionalità, i medici ospedalieri e territoriali e le professionalità infermieristiche centrali nella gestione e nell’assistenza al malato cronico. Tale diversificazione deve però realizzarsi in una logica di unitarietà del disegno di sistema. Il presupposto è, infatti, che tutti i professionisti che contribuiscono all’assistenza di quel target specifico di pazienti concordino un disegno comune. Quest’ultimo deve essere costruito nel rispetto delle specificità di ognuno mettendo al centro il paziente ed i suoi fabbisogni ed articolando le risposte assistenziali più adeguate.

In questa prospettiva di integrazione tra vari professionisti non deve essere trascurata l’integrazione tra le figure cliniche e le figure con responsabilità gestionali. Anche queste ultime sono, infatti, fondamentali per l’assunzione di decisioni gestionali coerenti e per l’implementazione e la disseminazione dei Percorsi Assistenziali nel sistema.

L’assistenza alla cronicità quindi è caratterizzata da alcune necessità:

  • multidisciplinarietà (complicanze che colpiscono diversi organi)
  • continua aderenza alla terapia nel lungo periodo (necessità di coinvolgere attivamente i pazienti alla cura)
  • diversi livelli di intervento sanitario integrati tra loro (per problemi acuti, di prevenzione, di accompagnamento e “registrazione/personalizzazione” degli interventi terapeutici)

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L’OSPEDALE DEL FUTURO

L’ospedale del futuro, per quanto riguarda la cronicità, sarà “without walls” (“senza mura”), con un riequilibrio fra attività in urgenza e attività programmate, un ospedale in cui i medici operano nel territorio per una parte del tempo. I punti forti che riguardano le persone con malattie croniche, sono la continuità assistenziale, il potenziamento delle relazioni fra medici e altri operatori sanitari e sociali, un appropriato equilibrio fra assistenza specialistica e assistenza coordinata in modo esperto e olistico intorno ai bisogni del paziente; una definizione precisa e realistica delle responsabilità assistenziali quando il paziente viene trasferito da un set assistenziale ad un altro.

In questa vision, il ruolo del paziente è centrale per garantire una cura efficace e quindi:

  • l’esperienza del paziente deve essere tenuta in conto al pari della efficacia clinica; l’obiettivo è quello di una assistenza personalizzata (tailored, quindi “cucita” sulle esigenze del paziente)
  • una buona comunicazione con il paziente e riguardo al paziente deve essere la norma
  • l’assistenza è organizzata per facilitare l’autocura e la promozione della salute
  • i servizi sono personalizzati per venire incontro alle esigenze individuali dei pazienti, inclusi i pazienti fragili
  • tutti i pazienti hanno un piano assistenziale che tiene conto delle loro necessità cliniche e assistenziali.

Il messaggio, in qualche misura consueto della centralità del paziente viene ovviamente riaffermato, tuttavia in modo più articolato e operativo, con indicazioni fortemente innovative. Si tratta di disegnare e, quindi, organizzare, l’ospedale sulle necessità del paziente.

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EDUCAZIONE TERAPEUTICA E OSPEDALE

Guardare all’organizzazione ed alla gestione dell’azienda ospedaliera nei prossimi decenni significa tener conto delle malattie croniche e prevedere interventi di riqualificazione e riadattamento dell’esistente, attraverso una progettazione partecipata della governance Ospedale-Territorio, che si basa sul presupposto che le malattie croniche sono e diventeranno sempre di più un problema di sostenibilità anche per l’ospedale. Diventa quindi necessario pensare a nuove modalità assistenziali e gestionali, che tengano conto dei seguenti elementi:

  • la cronicità è un problema sempre più importante durante la degenza (l’80% dei ricoverati sono portatori di patologie croniche)
  • esiste una cronicità ad alta intensità di cura (oggi è pari al 10-15% ma il trend è in aumento) che il Territorio non è in grado di seguire
  • la cronicità richiede un approccio sanitario diverso e organizzativo specifico

La riprogettazione del sistema ospedale si basa sostanzialmente su due elementi fondamentali: il cambiamento culturale e l’adozione di un modello fondato su:

  • un approccio centrato sul paziente, educativo sin dalle fasi acute (presa in carico)
  • un lavoro in team che integri le diverse figure professionali (medico, infermiere, dietista, psicologo…)
  • Una condivisione di Percorsi Diagnostico Teraputici Asssitenziali che comprendano la degenza, la presa in carico ambulatoriale specialistica Ospedaliera (PDT interno) e poi territoriale (PDT esterno)
  • Un uso di indicatori clinici e gestionali che permettano di monitorare e migliorare il PDT
  • Una ricerca translazionale/assistenziale

I possibili vantaggi per l’azienda Ospedaliera sono:

  • Miglioramento della qualità di vita del paziente
  • Miglioramento della qualità di cura
  • Miglior presa in carico della persona con malattia cronica, coprendo anche le fasi di acuzie
  • Miglior efficacia clinica nel tempo
  • Miglior efficienza (riduzione giornate degenza, riduzione variabilità prescrittiva)
  • Riduzione del rischio di errori terapeutici o gestionali
  • Riduzione delle liste di attesa
  • Riduzione accessi impropri al PS
  • Migliore integrazione tra ospedale e territorio attraverso il ruolo attivo della persona con malattia che diventa primo attore del Percosro Diagnostico Terapeutico Assistenziale
  • Un equilibrato uso delle risorse sanitarie da parte del paziente, attraverso un corretto accesso alle cure primarie e secondarie

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Team multiprofessionale ospedaliero per l’educazione del paziente ricoverato

Il team può essere definito come un soggetto organizzativo, che si esprime attraverso l’insieme dei comportamenti e delle expertise delle persone che lo compongono. Il team recepisce e condivide al suo interno gli obiettivi da raggiungere, individua un metodo di lavoro e definisce i ruoli funzionali al processo fra i componenti del team stesso. Il team si concretizza nella gestione di diverse attività ri­volte all’integrazione delle competenze individuali-funzionali necessarie per il raggiungimento di un risultato operativo in coerenza con il mandato.

Fra i ruoli del team, in ambito sanitario, vi è sicuramente quello di responsabiliz­zare il paziente nelle scelte di cura e motivarlo all’aderenza ai trattamenti è fra i più importanti. L’accettazione della malat­tia implica infatti anche la capacità per il paziente di rimanere “aderente” al trattamento e al mantenimento dell’attitudine alle attività di self-care. Recenti evidenze suggeriscono come il problema della mancata aderenza sia molto attuale e riguardi circa la metà dei pazienti trattati, accentuato in particolare nell’ambito della patologie croniche, nelle quali il paziente è chiamato a convivere quotidianamente e costantemente con la propria malattia. Il team opera in modo coordinato attorno ai problemi dell’assistenza alla persona elaborando procedure interne ed esterne condivise e revisionate periodicamente ed assicurando la condivisone delle informazioni anche ai pazienti. Le sue funzioni sono:

  • assistenziali, in rapporto ai vari livelli di intensità di cura
  • di educazione terapeutica strutturata
  • epidemiologiche (raccolta dati clinici)
  • di formazione di tutti gli altri operatori sanitari coinvolti

In considerazione della multifattorialità delle patologie, oltre allo specialista specifico (per es. diabetologo), vi è necessità di integrare nel disegno assistenziale altri specialisti ed altre figure cardine dell’assistenza: l’infermiere (responsabile dell’assistenza generale infermieristica, riveste un ruolo primario sia nella fase iniziale che di follow up infermieristico), l’assistente sociale (professionista necessario nella valutazione dei parametri socio-familiari indispensabili per individuare tutti i fattori non-clinici da tenere in considerazione nella “stadiazione” dei pazienti e figura insostituibile nei casi “complicati” da difficoltà socio-familiari), lo psicologo (figura importante per il sostegno del team e per la sua formazione negli ambiti di gestione della comunicazione/relazione, della programmazione e gestione dei programmi di educazione strutturata), e così via.

Per realizzare un intervento educativo efficace ed efficiente le diverse figure professionali devono agire con modalità e competenze specifiche e diverse a seconda che si operi durante la degenza o in ambulatorio. Durante la degenza, l’approccio educativo deve considerare la inevitabile “passività” della persona e quindi essere essenziale. L’infermiere ha un ruolo centrale: per esempio la persona con diabete di tipo 1 all’esordio apprenderà la tecnica della somministrazione dell’insulina e dell’autocontrollo “dall’agire” dell’infermiere. In questo momento la persona, confusa e spaventata, è in grado di apprendere attraverso “il fare” dell’infermiere: è una fase importante del percorso di autonomizzazione, spesso sottovalutata. Nella fase post acuta (degenza o in ambulatorio), il team si avvale delle diverse figure professionali (medico dietista, infermiere, psicologo) necessarie per realizzare il progetto educativo e di emporwement.

Il team è efficace se gli interventi sono tra loro integrati in un percorso individuale, che non solo consideri i bisogni del “sapere e del saper fare”, ma valuti le fasi di accettazione della malattia, da cui dipende la capacità di apprendere e, quindi, di trasformare le conoscenze e le abilità in nuovo equilibrio che garantisca il recupero di una buona qualità di vita. Per affrontare e soddisfare le problematiche dei pazienti cronici e delle persone affette da diabete, va ripensata la relazione tra operatori sanitari e assistito dove la centralità della persona assistita, insieme all’inte­grazione professionale intra e interprofessionale alla continuità delle cure, diventa cardine fondamentale nella pratica clinico-assistenziale.

Il personale “dedicato”, in particolare a livello ambulatoriale, rappresenta un ulteriore strumento di valore nell’assistenza, non solo perché questo implica disponibilità di tempo, acquisizione di maggiori competenze, e quindi potenziale maggiore efficacia, ma anche perché permette la “visibilità” e la “riconoscibilità” sia dei servizi sia degli operatori.

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PERCHÉ L’EDUCAZIONE TERAPEUTICA NELL’OSPEDALE PER ACUTI

Guardare all’organizzazione ed alla gestione dell’Azienda Ospedaliera nei prossimi decenni significa prevedere oggi interventi di riqualificazione e riadattamento dell’esistente, attraverso una progettazione partecipata della governance. Le malattie croniche sono e diventeranno sempre di più un problema di sostenibilità anche per l’ospedale ed eroderanno le risorse per gestire ed assistere adeguatamente il paziente acuto. Diventa quindi necessario pensare a modalità assistenziali e gestionali che permettano all’ospedale di affrontare la sfida della cronicità. Bisogna dunque pensare ad una nuova modalità assistenziale del paziente cronico ricoverato che:

  1. permetta di garantire al paziente acuto ricoverato le risorse umane ed organizzative necessarie, “liberando” i reparti di degenza dalle persone con malattie croniche che possono essere gestite a livello ambulatoriale anche se ad alta intensità di cura
  2. metta concretamente al centro la persona con malattia cronica facendogli acquisire le competenze necessarie per muoversi all’interno del percorso assistenziale, diventando un elemento attivo in grado di incidere positivamente sull’efficienza e sull’efficacia del sistema
  3. riduca la frammentazione che esiste tra le diverse componenti del percorso Assistenziale, che viene percepita dal cittadino affetto da una patologia cronica come “vuoto” dei percorsi di cura e dei trattamenti terapeutici
  4. proponga un modello organizzativo centrato sulla persona che risponda all’evoluzione dell’ospedale permettendo di ridurre le degenze e di gestire i pazienti cronici ad alta intensità di cura in regime ambulatoriale, accompagnandoli nel percorso assistenziale
  5. migliori la qualità delle prestazioni sanitarie.

L’originalità del modello ed il valore aggiunto si basano sulla consapevolezza che un malato cronico, educato durante la degenza e l’attività ambulatoriale specialistica a gestirsi correttamente la terapia e il processo di cura, diventi un elemento di miglioramento dell’assistenza e determini maggior efficacia clinica, miglior qualità della vita, miglior integrazione con il territorio, riduzione dei ricoveri inappropriati, maggiori risorse per l’acuto, riduzione del rischio di incidenti clinici, miglior uso delle risorse messe a disposizione.

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L’ESPERIENZA DELL’ASST SPEDALI CIVILI

Nel 2008 l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia ha affrontato il problema del malato cronico ricoverato e/o in carico agli ambulatori specialistici, partendo dall’intuizione che la cura di un malato cronico è un continuum, senza compartimenti stagni o muri tra ospedale e territorio, identificando come modello di riferimento il CCM, al fine di coniugare gli aspetti gestionali con quelli di empowerment della persona con malattia cronica.

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Analisi del contesto

L’analisi delle schede di dimissione degli anni 2008-2009 ha dimostrato che il 75% dei ricoverati è affetto da una o più malattie croniche. I malati cronici, seguiti in ambulatorio dalle diverse discipline specialistiche (infettivi, respiratori, endocrino metabolici, ecc) sono più di 30.000; questi pazienti sono ad “alta” intensità di cura, non sono seguiti dal Medico di Medicina Generale (MMG) per la complessità della malattia e per la necessità di avere canali preferenziali per la diagnostica e il lavoro interdisciplinare. L’analisi dei questionari (78 restituiti) delle Unità Operative ha permesso di conoscere le modalità informative/educative dei pazienti che accedono alla struttura ospedaliera:

  • i percorsi di insegnamento per pratiche assistenziali o terapeutiche non sono applicati in tutta l’Azienda
  • non vi è uniformità nei documenti informativi per il paziente e/o la sua famiglia
  • la verifica dell’apprendimento è praticata solo nel 57% dei casi
  • la maggioranza (86%) ritiene utile un ampliamento delle competenze in favore del paziente cronico nella gestione della propria malattia perché vede quali benefici la riduzione dei ricoveri, delle visite ambulatoriali e degli accessi impropri, il miglioramento della compliance alla terapia, dell’autogestione della malattia cronica, della qualità della vita, ecc…
  • le difficoltà riscontrate alla realizzazione di un processo di ampliamento delle competenze in favore del paziente cronico sono legate principalmente alla carenza di risorse: personale (37%), tempo (20%) e spazi adeguati (6%).
  • si prospettano comunque reazioni positive dei collaboratori (90%) in caso di proposte in merito.
  • l’associazionismo riveste un ruolo molto importante per il paziente cronico. Sono state elencate circa 40 Associazioni che collaborano in diversi ambiti. Sarebbe utile attivare un coordinamento per rendere più efficace le loro azioni a livello aziendale.

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La Formazione degli Operatori Sanitari

Nella malattia cronica il raggiungimento degli obiettivi terapeutici passa attraverso il paziente, per questo la terapia educativa è un elemento indispensabile ed imprescindibile per una cura realmente efficace. Un corretto approccio o emporwement del paziente permette di: coinvolgerlo nella gestione della sua malattia rendendolo soggetto attivo per la propria salute, raggiungere e mantenere nel tempo una corretta gestione della malattia evitando e/o riducendo le complicanze (acute e croniche), utilizzare in modo appropriato le risorse contenendo quindi i costi della malattia: favorire il benessere e la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

La realizzazione di interventi strutturati di Educazione Terapeutica richiede l’acquisizione da parte degli operatori sanitari di competenze specifiche, inerenti le caratteristiche della malattia cronica e della sua cura, la metodologia della progettazione e realizzazione degli interventi educativi, la problematica pedagogica (come insegnare al paziente) e relazionale (come relazionarsi al paziente, come comunicare con lui, come motivarlo a curarsi).

Per tali motivazioni, all’interno del progetto “Ospedale e Cronicità” si è realizzata una formazione all’Educazione Terapeutica specifica per gli operatori sanitari. Il corso è stato articolato in 5 incontri per una durata complessiva di 30 ore. In assonanza con quanto indicato dall’OMS (1998) in merito alla formazione del personale sanitario in ambito di malattie croniche, si sono individuati i principali contenuti da trasmettere ai discenti, nell’ottica di una loro sensibilizzazione alla tematica ed approfondimento delle peculiarità della malattia cronica e della sua gestione. I temi sono stati affrontati privilegiando metodiche interattive quali lavori in piccoli gruppi, discussioni in plenaria, simulazione di casi, visione ed analisi di filmati, problem solving. Per garantire la partecipazione attiva di tutti i discenti, il numero di partecipanti è stato fissato a 30.

L’obiettivo generale è stato di formare il personale sanitario preposto all’assistenza del paziente cronico (sia in regime di ricovero che ambulatoriale) ad ideare, erogare e verificare interventi educativi (informazione, addestramento, formazione) efficaci, che favoriscano nel paziente e nei suoi familiari una autogestione consapevole della malattia, accrescendone l’empowerment e determinando di conseguenza un miglioramento della qualità di vita. Al fine di favorire la messa in atto operativa di quanto appreso durante il corso, è stata richiesta la partecipazione non del singolo operatore ma dell’equipe curante (medico + infermiere o altro operatore).

Hanno partecipato al corso (due edizioni) 24 Unità Operative, mediche e chirurgiche. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi composti da 10 persone cadauno, condotti ognuno da un tutor la cui funzione è stata quella di favorire il lavoro del gruppo e l’instaurarsi di una dinamica di gruppo nel corso dei diversi incontri. Ad inizio del corso sono state raccolte le aspettative dei partecipanti ed in base ad esse è stato definito il contratto d’aula. Per tutti gli incontri è stato raccolto (con appositi strumenti) il dato relativo alla soddisfazione dei partecipanti ed al processo di interazione del gruppo; tali informazioni sono state utilizzate per apportare eventuali aggiustamenti al programma iniziale in modo da renderlo maggiormente aderente alle necessità che man mano venivano a delinearsi.

Gli operatori sono stati formati sui seguenti argomenti:

  • le caratteristiche della malattia cronica e del suo trattamento
  • le difficoltà ed i bisogni della persona affetta da malattia cronica
  • come motivare il paziente alla cura
  • la relazione e la comunicazione con il paziente
  • la metodologia della progettazione
  • la realizzazione e la verifica di un intervento educativo
  • l’utilizzo di metodi e strumenti di lavoro adeguati all’obiettivo e al contesto educativo.

La partecipazione ed il gradimento espresso dai partecipanti si sono mantenuti molto alti durante tutto il corso. Nel corso degli incontri i partecipanti hanno acquisito informazioni e competenze che hanno permesso di elaborare progetti di educazione dei pazienti da realizzare presso le Unità di appartenenza. Tali progetti sono stati presentati e discussi nell’ultimo incontro e sono ora in fase di sperimentazione/attuazione. A termine del corso i partecipanti si sono detti soddisfatti dell’esperienza formativa, ma hanno espresso l’esigenza di un follow-up da parte del team docente sulla messa in atto del progetto di educazione dei pazienti che intendevano realizzare (revisione del progetto, scelta di metodi educativi pertinenti, supervisione nella fase di sperimentazione del progetto, valutazione dei risultati preliminari). Tale richiesta è stata accolta dal team docente che si è reso disponibile ad affiancare e supervisionare le diverse Unità per quanto necessario.

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CONCLUSIONI

La malattia cronica obbliga il paziente a scelte e comportamenti che investono la sua vita quotidiana: diventano quindi necessari specifici interventi educativi finalizzati ad una autogestione consapevole della malattia; ciò implica un vero e proprio trasferimento pianificato ed organizzato di competenze terapeutiche, grazie al quale la dipendenza lascia progressivamente il posto alla responsabilizzazione ed alla collaborazione attiva. Tale processo di emporwement deve essere presente anche nella fasi acute della malattia, durante la degenza e deve essere organizzato e pianificato con lo stesso rigore delle pratiche diagnostiche o terapeutiche. È un errore pensare che l’Educazione Terapeutica non sia di pertinenza ospedaliera: durante la degenza cambiano gli obiettivi e le modalità educative, ma si deve avere la consapevolezza che il percorso del paziente cronico è senza soluzione di continuo anche per gli aspetti educativi. In questo modo, attraverso l’emporwement il paziente diventa un attore dal quale dipende l’efficacia clinica e l’uso appropriato delle risorse.

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