Capitolo del Manuale per operatori “educare alla Salute e all’Assistenza”
Autori: Paola Camia, Anna Maria Roveda, Carlo Signorelli
- PROMUOVERE CORRETTI COMPORTAMENTI INDIVIDUALI (STILI DI VITA) E L’ADESIONE ALLE CAMPAGNE DI SCREENING PER L’IDENTIFICAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
- PROMUOVERE L’ADESIONE DELLA PERSONA SANA AGLI SCREENING ONCOLOGICI
- PROMUOVERE L’OFFERTA DELLE VACCINAZIONI PER LA TUTELA DELLA SALUTE INDIVIDUALE E COLLETTIVA
- Glossario
- Bibliografia
- Spazio discussione
Il ruolo dei medici e degli operatori sanitari nel promuovere la partecipazione attiva della persona alla salvaguardia del proprio patrimonio di salute attraverso stili di vita sani e scelte favorevoli, come ad esempio l’adesione alle campagne vaccinali e ai test di screening, è divenuto sempre più complesso e sfaccettato. Spesso il diffondersi di posizioni anti-scientifiche (“fake news” su internet, movimenti organizzati, pseudo-esperti, etc.) operano un’azione di advocacy contraria sulla popolazione e inducono il paziente a compiere scelte diverse dalle iniziali convinzioni, spesso suggerite dal proprio medico, andando anche a vanificare molti degli sforzi compiuti dalla Sanità Pubblica.
PROMUOVERE CORRETTI COMPORTAMENTI INDIVIDUALI (STILI DI VITA) E L’ADESIONE ALLE CAMPAGNE DI SCREENING PER L’IDENTIFICAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
É ampiamente dimostrato che gli interventi che agiscono sui fattori di rischio comportamentali, quali l’alimentazione non sana, l’inattività fisica, l’uso di tabacco, a cui si aggiungono altri fattori di rischio modificabili come l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e alti livelli di glicemia, sono da ritenersi maggiormente efficaci nella prevenzione delle Malattie Croniche Non Trasmissibili (MCNT), e tra queste in particolare delle malattie cardiovascolari: l’eliminazione di questi fattori può prevenire l’80% delle patologie cardiovascolari.
Gli stili di vita sono correlati ad un insieme complesso di fattori individuali e socio-ambientali, fortemente legati alla soggettività dell’individuo, sul quale è importante agire per condurre il paziente alla consapevolezza dell’opportunità rappresentata da scelte salutari, sottolineando eventuali atteggiamenti assunti o convinzioni che non lo portano ad operare in questa direzione.
In letteratura, la maggior parte degli interventi volti a promuovere stili di vita sani nell’individuo, hanno come ambito di intervento l’assistenza primaria, mentre pochi sono gli studi condotti in reparti ospedalieri. Gli operatori dei servizi di assistenza primaria, infatti, grazie alla possibilità di svolgere una mansione prossima all’utente e di costruire con i pazienti rapporti su base fiduciaria, agiscono un ruolo chiave nella promozione della salute.
Gli interventi possono avere diversi gradi di intensità, essere più o meno integrati con le altre risorse presenti nel contesto locale ed inseriti o meno in percorsi che prevedono anche la presa in carico terapeutica-assistenziale in setting di cure più invasivi (centri specialistici di secondo e terzo livello) qualora necessario per il paziente. L’integrazione con le risorse locali e la capacità di raccordo tra i diversi livelli di assistenza potenzia l’azione svolta dal singolo operatore e trova la massima realizzazione quando gli interventi sono governati da una cabina di regia con capacità programmatoria quale è il Dipartimento di Prevenzione.
Dieta equilibrata e attività fisica
Nel 2009 l’OMS ha pubblicato un documento dal titolo “What Works – Cosa Funziona”, una raccolta di interventi per promuovere una dieta equilibrata e l’attività fisica. L’evidenza scientifica degli interventi era valutata sulla base principalmente di tre outcome, riconducibili a cambiamenti dell’individuo di tipo: psicosociali (conoscenze e atteggiamenti), comportamentali (stili di vita), fisici e clinici (pressione arteriosa, indice di massa corporea, colesterolo e peso corporeo). Nei contesti di cure primarie è stato dimostrato che al variare dell’intensità degli interventi, correlata principalmente alla possibilità e alla periodicità di contatto tra l’operatore sanitario e il paziente, variava l’efficacia rispetto agli outcome considerati.
Interventi che prevedevano un contatto minimo, sfruttando momenti “opportunistici” tra paziente ed operatore sanitario, come ad es. un check-up di salute o una sola visita di consulenza, si sono rivelati poco efficaci, sebbene consentano la divulgazione di informazioni e consigli ad un numero molto ampio di cittadini, tra i quali se ne possono incontrare alcuni predisposti a rispondere alla sollecitazione dell’operatore e ad avviare un percorso di cambiamento del proprio stile di vita. Ancora maggiormente efficaci sono risultati gli interventi di discreta intensità che prevedevano una seduta iniziale con un operatore sanitario qualificato in cui valutare i rischi per la salute, dare informazioni mirate e stabilire con il paziente obiettivi realistici e raggiungibili e successivi colloqui di follow-up. Tra le azioni suggerite vi era quella di utilizzare la prescrizione di attività fisica alla stregua della prescrizione farmacologica, per il raggiungimento dell’obiettivo di salute concordato. Per i casi più complessi, viene indicato utile un intervento ancora più intenso come un colloquio motivazionale strutturato da svolgersi presso centri specialistici di secondo livello.
Contrasto al tabagismo
Anche per quanto riguarda il tabagismo, una revisione sistematica della Cochrane Library del 2013 ha mostrato come rispetto all’indicazione di cessare di fumare una breve consulenza di circa 2-3 minuti (minimal advice) rispetto a nessun consiglio durante una visita abituale porti già ad un aumento del tasso di abbandono. Un intervento maggiormente intensivo da parte del professionista, composto da un colloquio di durata superiore, l’utilizzo di materiale informativo e diverse visite di follow-up porta a benefici maggiori, sebbene tra le due tipologie di interventi la differenza dei tassi di abbandono sia più contenuta. Dato il beneficio atteso, gli operatori sanitari, ed in particolare i medici, sono pertanto chiamati ad identificare sistematicamente i pazienti fumatori verso i quali intervenire routinariamente con consigli mirati, riservando gli interventi più intensivi, anche con supporto farmacologico, a pazienti selezionati.
Contrasto all’abuso di alcol
Il ruolo degli operatori dell’assistenza primaria rispetto al rischio alcol correlato può essere prezioso anche nei confronti del bacino di utenza rappresentato dai consumatori a medio rischio che ancora non hanno sviluppato una dipendenza da alcol (consumatori di circa 4-5 UA/die per i maschi e 3 UA/die per le femmine, rappresentano circa il 3% della popolazione italiana). Per questi pazienti, l’identificazione precoce da parte di un operatore formato e attento nel valutare abitudini di consumo dannose ed un intervento tempestivo, può essere dirimente. L’Istituto Superiore di Sanità, a tal proposito, propone l’adozione diffusa nei contesti di assistenza primaria di un approccio integrato di provata efficacia e a basso costo: il metodo IPIB – “Identificazione Precoce ed Intervento Breve”. Tale approccio si basa sull’utilizzo di test di screening standardizzati rivolti ad individuare quantità e frequenza di consumo (AUDIT, AUDIT C, CAGE, FAST, etc.) ed un intervento breve di 5-10 minuti (colloquio motivazionale) in cui comunicare il rischio al paziente e le sue possibili soluzioni, sollecitando un cambiamento comportamentale verso uno stile di vita sano. L’utilizzo di questi strumenti consente inoltre di far emergere situazioni di alto rischio verso cui attivare i centri specialistici e le reti per la presa in carico del paziente.
La valutazione del rischio cardiocerebrovascolare
Restando nel contesto dell’assistenza primaria, va inoltre ribadito che se da un lato è importante rinforzare le abilità dei professionisti verso la gestione dei singoli fattori di rischio e alle gravi problematiche che ad esse possono correlarsi (obesità, tabagismo, dipendenza dall’alcol, ecc.), dall’altro è parimente importante rafforzare le competenze degli operatori nel riconoscere i pazienti che presentano più fattori di rischio, apparentemente meno rilevanti, ma che se combinati tra loro possono esporre l’individuo ad un aumentato rischio di sviluppare eventi cardiovascolari maggiori.
A partire dal 1998 in Italia è stato avviato il Progetto CUORE, che tra i suoi obiettivi principali aveva quello di realizzare strumenti di valutazione del rischio cardiovascolare globale assoluto, costruiti considerando l’insieme dei fattori di rischio (età, sesso, fumo, diabete, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia) e l’eziologia multifattoriale della malattia cardiovascolare.
Sono stati così realizzati la carta del rischio e il punteggio individuale per la valutazione del rischio cardiovascolare globale assoluto e dal 2005 è stato avviato un percorso di formazione per i Medici di Medicina Generale (MMG). A partire da quell’esperienza, l’importanza dell’identificazione precoce dei soggetti a rischio è stata riportata nei Piani Nazionali della Prevenzione che si sono succeduti e diverse Regioni hanno sviluppato progetti di medicina proattiva, che a partire dall’identificazione precoce dei soggetti a rischio, propongano interventi preventivi efficaci. Tali progetti si basano sull’invito attivo della popolazione target, sull’identificazione del grado di rischio, sull’empowerment individuale finalizzato all’adozione di stili di vita sani, sul follow-up medico/infermieristico e sull’invio a strutture di secondo livello dei pazienti francamente patologici.
L’insieme delle evidenze, sinteticamente sopra riportate, sottolinea come non basti un singolo contatto con gli operatori del servizio sanitario, per spingere il paziente ad adottare comportamenti favorevoli per la salute che durino nel tempo, ma sia necessario, sulla base della tipologia di paziente che si ha di fronte, riproporre i messaggi e incrementare le occasioni di contatto. La possibilità di avvalersi di risorse integrate sul territorio amplifica ulteriormente le competenze messe in campo dal singolo operatore sanitario per favorire interventi strutturati con modalità di rete.
PROMUOVERE L’ADESIONE DELLA PERSONA SANA AGLI SCREENING ONCOLOGICI
I programmi di screening oncologici sono considerati una priorità centrale della politica dell’Unione Europea per la Salute. La raccomandazione del Consiglio Europeo del 2 dicembre 2003 riconosce l’efficacia comprovata degli screening per il carcinoma della mammella, del collo dell’utero e del colon-retto ed esorta gli Stati membri a realizzare iniziative comuni per attuare programmi di screening nazionali con garanzie di qualità. A tal fine vengono pubblicati periodicamente dalla Commissione Europea in collaborazione con diverse istituzioni scientifiche gli orientamenti europei sulle migliori pratiche da adottare nel processo di screening (invito, organizzazione, diagnosi e trattamento). In Italia gli screening oncologici sono considerati Livelli Essenziali di Assistenza, garantendo quindi il diritto dei cittadini per la tutela della loro salute.
L’avvio dei programmi è sempre stato preceduto e accompagnato da numerose iniziative di informazione e comunicazione rivolte alla popolazione bersaglio, agli operatori dei programmi e ai MMG.
A partire dagli anni ‘90 sono state predisposte sia a livello nazionale che a livello regionale campagne di informazione e comunicazione di massa per raggiungere la popolazione, compresa quella che non ha ricevuto l’invito, mediante l’utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più efficaci (giornali, spot televisivi o radiofonici, siti web dedicati, manifesti, cartelloni pubblicitari sui mezzi di trasporto, incontri specifici con la popolazione, con gruppi di cittadini o mediatori sociali).
Comunicazione negli screening
Negli screening oncologici, la qualità della comunicazione è un elemento fondamentale, al pari degli aspetti organizzativi, diagnostici e terapeutici, perché influisce sia sulla loro efficienza sia sulla loro efficacia. L’obiettivo di una buona comunicazione nello screening è favorire la comprensione di elementi utili per decidere se aderire, o meno, al programma. Una bassa adesione compromette l’efficacia dello screening in termini d’impatto sull’incidenza e/o sulla mortalità del carcinoma della cervice uterina, della mammella e del colon retto.
Inizialmente, attraverso le campagne di comunicazione si sottolineavano solo gli aspetti positivi della prevenzione della malattia oncologica, mentre più recentemente è emerso che l’obiettivo primario da porsi è l’adesione consapevole del paziente al test di screening. La partecipazione agli screening richiede, infatti, piena consapevolezza dell’importanza e delle implicazioni dell’esecuzione del test da parte del cittadino e il solo invito non è sufficiente perché vi sia una partecipazione informata.
L’invito a sottoporsi al test di screening deve, perciò, contenere elementi che comportino un’adeguata informazione, in termini di veridicità, completezza e comprensibilità. L’informazione deve chiarire sia i benefici sia i possibili svantaggi associati al test. Gli utenti devono essere consapevoli dell’eventualità di essere richiamati per ulteriori accertamenti e della possibile comparsa di tumori tra due test di screening successivi, non sottovalutando l’eventuale comparsa di sintomi tra un test e il successivo, e devono essere altresì informati della possibilità di sovradiagnosi o di sovratrattamento, in quanto, in ogni processo di diagnosi precoce è insito il rischio di individuare e di trattare lesioni che avrebbero potuto non manifestarsi clinicamente.
Una delle condizioni necessarie per una scelta informata è la predisposizione di materiali informativi di elevata qualità da utilizzare nelle varie fasi dei programmi di screening. La comunicazione scritta deve essere breve, comprensibile, contenere informazione scientifiche aggiornate, graficamente accurata e deve essere mirata per i diversi momenti informativi (invito, test, esami diagnostici, trattamento – Tabella 1).
La lettera d’invito rappresenta il biglietto da visita con cui gli screening oncologici raggiungono gli utenti. L’impostazione corretta prevede che la lettera d’invito riporti per prima l’informazione principale, utilizzando frasi brevi, verbi in forma attiva, evitando gli stereotipi, le sigle, i termini stranieri e tecnico-specialistici. La lettera d’invito deve essere personale, riportare lo scopo del test ed indicare chiaramente le modalità dell’appuntamento, specificando che il test è gratuito e non occorre una richiesta medica, che l’appuntamento può essere modificato e fornire un numero telefonico utile per comunicazioni da parte dell’utente (esempio la comunicazione di un test recente, lo spostamento di un appuntamento o la richiesta d’informazioni). Infine, deve essere esplicitato l’emittente con il logo dell’Azienda USL di competenza.
La lettera d’invito deve essere preferibilmente accompagnata da un opuscolo informativo che fornisce all’utente informazioni più approfondite sul test di screening, ma il contenuto degli opuscoli deve essere comunque facilmente comprensibile; è importante usare parole comuni e ogni frase dovrebbe essere utilizzata per fornire una singola informazione. Gli opuscoli devono essere aggiornati periodicamente e riportare la data dell’aggiornamento.
Gestione della risposta negli screening
In caso di esito negativo al test di screening la risposta viene inviata al domicilio dell’utente e deve rispondere ai requisiti di accuratezza e comprensibilità di tutti i materiali informativi. É raccomandato di riportare i limiti del test, sottolineando l’importanza dell’attenzione continua al proprio stato di salute.
In caso di esito positivo, l’invito a eseguire l’esame di approfondimento è fonte di ansia e stress per il paziente, per tale motivo, gli aspetti relativi alla comunicazione rivestono una grande importanza. La modalità di comunicazione in genere è rappresentata da una comunicazione telefonica diretta da parte di un operatore adeguatamente formato. Nel corso del colloquio telefonico l’operatore deve informare il paziente in modo semplice sul risultato del test di screening e fissare l’appuntamento per l’approfondimento o in alternativa per un ulteriore colloquio. I contenuti della comunicazione devono essere chiari e comprensibili per il paziente, evitando di generare inutili allarmismi, ma nel contempo devono essere tali da far comprendere al paziente l’importanza dell’esecuzione dell’esame di approfondimento. In alternativa al colloquio telefonico può essere inviata una comunicazione scritta. Questo tipo di comunicazione deve essere utilizzato nel caso in cui l’utente non sia raggiungibile telefonicamente e, in questo caso, il contenuto della lettera deve essere particolarmente studiato allo scopo di minimizzare l’ansia derivante dalla comunicazione, inserendo recapiti telefonici facilmente raggiungibili per chiedere spiegazioni e per fissare l’appuntamento. Il risultato del test positivo può essere comunicato anche dal MMG, nel caso l’utente abbia dato il consenso e il MMG abbia dato la disponibilità a riportare la comunicazione all’utente.
Coinvolgimento dei MMG negli screening
In Italia la convenzione con la medicina generale prevede la partecipazione dei MMG ai programmi di screening, che dovrebbero essere coinvolti sin dalle fasi iniziali della programmazione al fine di garantire un’ampia partecipazione agli screening oncologici. I MMG dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nell’informazione attiva nei confronti della popolazione e mirata per i non responder e nel counselling per le persone risultate positive al test.
Popolazione immigrata e screening
Un target particolare è rappresentato dalla popolazione immigrata, che tende ad aderire meno di quella autoctona ai programmi di screening oncologico. Allo scopo di promuovere la loro adesione sono stati prodotti materiali informativi in varie lingue, condivisi con rappresentati della popolazione migrante. La popolazione immigrata, così come gli individui con un basso livello d’istruzione, rientra tra le categorie di persone con maggiori difficoltà di health literacy (abilità cognitive e sociali che rendono capaci gli individui di accedere, comprendere e utilizzare le informazioni in modo da promuovere e preservare la propria salute) che influenza negativamente lo stato di salute delle persone e aumenta le disuguaglianze.
Momento informativo |
Caratteristiche |
Lettera d’invito |
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Opuscolo informativo |
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Risposta con esito negativo del test |
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Invito per esami di approfondimento (colloquio telefonico) |
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Infine, l’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), che ha tra i suoi obiettivi anche la promozione della comunicazione, ha istituito un Gruppo di lavoro interscreening sulla comunicazione (Gdlis) che si occupa delle attività e delle pubblicazioni dell’ONS dedicate alla comunicazione e fornisce un importante supporto all’attività degli operatori dei programmi screening. Il Gdlis ha redatto “Le 100 domande” sullo screening colorettale, sullo screening con la sigmoidoscopia e sullo screening sull’HPV, documenti che si propongono di fornire agli utenti e agli operatori una informazione di qualità sugli screening oncologici e ha stilato un manuale della comunicazione di qualità (“Scrivere di screening”) rivolto agli operatori impegnati nei programmi di screening oncologici. Il Gdlis organizza inoltre seminari sulla comunicazione e promuove lo sviluppo e la valutazione di azioni volte a favorire la partecipazione allo screening presso fasce deboli della popolazione, supporta le associazioni Gisma, Gisci, Giscor in merito alle esigenze comunicative e favorisce il rapporto con i mass media. L’ONS inoltre diffonde i dati sugli indicatori di processo e di impatto dei programmi di screening regionali, attraverso la pubblicazione di rapporti annuali che offrono un monitoraggio della diffusione e della qualità dei programmi di screening e “rapporti brevi” rivolti a tutti gli operatori sanitari.
Di seguito vengono riportati i dati di adesione allo screening secondo quanto rilevato dal sistema di sorveglianza PASSI 2013-2015. Dalle cartine si evidenzia una disparità di adesione ai tre screening oncologici tra le Regioni Italiane, pertanto rimane ampio il margine di miglioramento specialmente per quanto concerne le Regioni meridionali (Figura 1).
Figura 1 – Valori di adesione allo screening rilevati dal sistema di sorveglianza PASSI
PROMUOVERE L’OFFERTA DELLE VACCINAZIONI PER LA TUTELA DELLA SALUTE INDIVIDUALE E COLLETTIVA
Il tema della promozione delle vaccinazioni è un tema di elevato valore sociale, dove l’atto del singolo acquista un’importanza ancora più significativa se collocato nel quadro generale di un’azione collettiva. Dal 1995 il Comitato Nazionale per la Bioetica sottolineava come fosse necessario, al fine di scoraggiare sospetti e rifiuti, specie nei confronti delle vaccinazioni infantili, garantire ai cittadini un’informazione approfondita, aggiornata e corretta, menzionando anche i pareri contrari alla vaccinazione e facendo altresì presente la carenza di dati scientifici a loro sostegno. Veniva affermato come lo Stato avesse, non solo il diritto, ma anche il dovere di promuovere le vaccinazioni considerate essenziali dalla comunità scientifica internazionale, non solo attraverso campagne d’informazione ed educazione sanitaria, ma anche con altre modalità più incisive per conseguire una copertura vaccinale sufficientemente estesa in grado di proteggere sia i singoli sia l’intera popolazione.
Tuttavia, l’auspicata consapevolezza dell’opinione pubblica in materia vaccinale, non solo non è aumentata, ma è andata calando nell’ultimo decennio. Dal 2000 al 2016 le coperture vaccinali nell’infanzia sono diminuite progressivamente, scendendo sotto il valore soglia del 95%, obiettivo dei Piani Nazionali di Prevenzione Vaccinale (PNPV) per le vaccinazioni contenute nell’esavalente (poliomielite, tetano, difterite, haemophilus influenzae di tipo b, epatite B, pertosse; per la vaccinazione trivalente contro morbillo – pertosse – rosolia (87,2%), per la vaccinazione anti-pneumococcica (88,4%) e per l’anti-meningococcica C (80,7%). Il trend negativo si è registrato anche nelle coperture del vaccino antinfluenzale nella popolazione anziana, dove il calo ha raggiunto il minimo storiconella stagione 2014/15 (49%) con il cosiddetto “Caso Fluad” in cui, a seguito di alcuni decessi, inizialmente associati al vaccino anti-infuenzale, vi fu il preventivo ritiro di alcuni lotti di vaccino.
Questi eventi chiave, tra cui le notizie in seguito smentite e alcune decisioni giudiziarie successivamente revocate, unitamente alle nuove modalità di accesso della popolazione generale alle informazioni sanitarie tramite i “new media” (social network, applicazioni smarthphone, etc.) e all’azione dei movimenti anti-vaccinisti hanno ampiamente contribuito a ridurre l’atteggiamento positivo della popolazione nei confronti dei vaccini e, in definitiva, ad un impatto negativo sulle percentuali di adesione alle vaccinazioni.
Nel tentativo di superare la situazione esistente, il Ministero della Salute e il Governo hanno lavorato, con il supporto delle principali società scientifiche, per proporre il nuovo PNPV 2017-2019, rendendolo uno dei programmi di immunizzazione più moderni e aggiornati sulla scena europea, con innovazioni importanti (nuovi vaccini – riportati nella Tabella 2 – in offerta attiva e gratuita su tutto il territorio nazionale per diverse fasce d’età, nuove popolazioni target, implementazione registri informatizzati e campagne di informazione). Tuttavia, adottare strategie vaccinali sempre più mirate non è apparso sufficiente per colmare il divario che si è creato in questi ultimi anni, pertanto, il Governo nel 2017 ha approvato il DL 73 poi convertito nella Legge 119/2017 («Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci»),dove vengono estese a 10 le vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a sedici anni. L’obiettivo auspicato è quello di riportare le coperture vaccinali al di sopra della soglia del 95%, utilizzando, da un lato, misure restrittive quali la limitazione della frequenza dei soggetti non vaccinati ai servizi educativi per l’infanzia nonché sanzioni amministrative e, dall’altro, agendo contestualmente con una forte azione informativa da svolgersi in stretta collaborazione tra i servizi vaccinali delle Aziende Sanitarie Locali, le istituzioni scolastiche, i medici di famiglia ed i farmacisti del territorio.
Infanzia (< 1 anno) |
Difeterite-Tetano-Pertosse-Epatite B-Poliomielite-Haemophilus Influenzae di Tipo B; Pneumococco; Meningococco B; Rotavirus |
Post-infanzia (> 1 anno) |
Morbillo-Parotite-Rosolia + Varicella; Meningococco C |
Adolescenza |
HPV (entrambi i sessi), Meningococco ACWY |
Età Adulta (popolazione a rischio e anziani > 65 anni) |
Influenza, Pneumococco, Zoster |
*Le dosi booster non sono riportate in questa tabella riassuntiva. |
Comunicazione e counselling vaccinale
Il raggiungimento degli obiettivi del PNPV e la piena realizzazione della L.119/2017 devono necessariamente associarsi a livello locale a sforzi nell’ambito della comunicazione e del counselling vaccinale da parte di tutti gli operatori sanitari coinvolti, ambiti ritenuti prioritari per aumentare la partecipazione del cittadino alla scelta vaccinale. I professionisti della salute devono sviluppare competenze per poter governare consapevolmente l’emergente fenomeno della ‘vaccine hesitancy – esitazione vaccinale’, ovvero la resistenza che si incontra in un individuo o gruppo di individui a vaccinarsi. L’OMS, nel 2012, ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc (SAGE WG) che ha analizzato le componenti dell’esitazione vaccinale, le quali sono state principalmente ricondotte a tre fattori inclusi nel modello delle 3Cs:
- “Confidence”: problemi di fiducia ad es. verso la sicurezza dei vaccini e verso gli effetti collaterali, nei confronti delle ditte fornitrici, del sistema sanitario e dei suoi professionisti o nelle motivazioni espresse dai policy maker sul bisogno delle vaccinazioni;
- “Complacency”: percezione negativa della necessità o del valore dei vaccini e della loro efficacia, mancata percezione dei rischi associati alle malattie prevenibili da vaccino, soprattutto se queste non sono più diffuse, paradossalmente proprio grazie alle vaccinazioni;
- “Convenience”: difficile accesso ai servizi vaccinali per diversi motivi (ad es. accessibilità geografica, barriere religiose o linguistiche, cattiva organizzazione del servizio o offerta scadente)
Il gruppo di studio ha inoltre individuato i principali determinanti che conducano il paziente all’esitazione vaccinale. Questi riguardano fattori di contesto (vissuto sociale, culturale, ambientale, economico o politico), influenze individuali e di gruppo (percezioni e convizioni) e fattori vaccino/vaccinazione specifica (es. fattori direttamente correlati ad una specifica vaccinazione, come ad es. legati alla presunta associazione tra vaccino anti-MPR e autismo).
Per gli operatori dei servizi, ed in particolare dei servizi pediatrici dove si osserva maggiormente il fenomeno, diventa oggi indispensabile capire i determinanti della Vaccine Hesitancy per poter avere una maggiore capacità analitica ed individuare le aree in cui si crea l’esitazione, nelle quali agire attraverso una comunicazione efficace. A sostegno di ciò, è stato dimostrato che un fattore critico che plasma gli atteggiamenti dei genitori nei confronti della vaccinazione è l’interazione con i professionisti della salute: un’efficace interazione può affrontare le preoccupazioni espresse e motivare un genitore titubante verso l’accettazione del vaccino; una cattiva comunicazione può contribuire al rifiuto delle vaccinazioni o all’insoddisfazione nei confronti del sistema sanitario.
L’esitazione vaccinale conduce ad un continuum di situazioni che vanno da ritardi nella somministrazione dei vaccini, al mancato completamento dei cicli vaccinali fino al rifiuto totale per una o più vaccinazioni (Figura 2). Gli individui vaccino esitanti possono infatti accettare tutti i vaccini pur rimanendo preoccupati, possono rifiutare o ritardare alcuni vaccini, ma accettarne altri, o possono rifiutare tutti i vaccini. Secondo una stima della Regione Europea dell’OMS i favorevoli alla vaccinazione (acceptors) rappresentano attualmente il 70% della popolazione generale, gli incerti (hesitants) il 25% ed i contrari (rejectors) il 5% (Figura 3).
Figura 2. Il continuum dei comportamenti dell’esitanza vaccinale: dall’accettazione completa al rifiuto totale di tutte le vaccinazioni (Modificato da Noni, 2015)
Figura 3. Le attitudini alla vaccinazioni nella popolazione generale (modificata da: Robb Buttler – OMS Europa)
Una recente revisione della letteratura ha ulteriormente classificato gli “atteggiamenti/posizioni” assunte dai genitori rispetto alle vaccinazioni dell’infanzia in 5 gruppi. Per ogni sottogruppo ha definito obiettivi vaccinali da raggiungere, indicatori di riferimento e le strategie da adottare. Le strategie sono adattate alle specifiche posizioni dei genitori sulla vaccinazione e forniscono un approccio metodologico strutturato, utile per i professionisti che svolgono questo delicato compito (Tabella 3).
Tabella 3. Classificazione delle posizioni genitoriali nei confronti della vaccinazione, indicatori di riferimento, obiettivi e strategie da adottare nel colloquio pre-vaccinale(Modificato da: Leask, 2012)
Posizioni |
Indicatori chiave |
Obiettivo |
Strategie |
Accettatori senza dubbio (vogliono vaccinare i figli, non hanno dubbi specifici sulla sicurezza e sulla necessità del vaccino) |
Presenti per la vaccinazione quando chiamati |
Minore vaccinato e genitori positivi circa la decisione |
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Accettatori prudenti (esprimono piccole preoccupazioni, sperano che non vi siano effetti avversi severi) |
Il minore è completamente vaccinato secondo calendario |
Minore vaccinato e genitori positivi circa la decisione |
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Riluttanti (molto indecisi, esprimono diverse preoccupazioni soprattutto verso i rischi e le notizie relative al vaccino anti-MPR, cercano attivamente informazioni) |
In pari o leggermente in ritardo rispetto al calendario |
Minore vaccinato e genitori che accettano la decisione |
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Tardivi o selettivi (preoccupazioni sulla sicurezza, necessità e numero di vaccini, cercano attivamente informazioni) |
Minore vaccinato completamente o in parte In ritardo rispetto al calendario |
Necessita di tempo, probabilità che cambi comportamento |
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Rifiutatore (posizioni filosofiche, esperienze negative con il sistema sanitario, convinzioni religiose) |
Minore completamente non vaccinato |
Genitori documentati e consapevoli dei rischi causati dalla non vaccinazione del proprio figlio |
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Indipendentemente dalla tipologia di genitore che si affronta, in tutti gli incontri i professionisti della salute dovrebbero tendere alla costruzione di un rapporto, accettare domande e preoccupazioni al fine di aumentare la consapevolezza dell’utente verso le vaccinazioni proposte. Per facilitare la relazione operatore sanitario-paziente, il primo colloquio dovrebbe essere preceduto dall’invio di materiale informativo aggiornato. Materiali scritti, link a siti web o linee guida possono essere utilizzati anche durante la conversazione, specialmente nel confronto con genitori “vaccinatori titubanti, tardivi, selettivi o rifiutatori”. Durante ogni incontro è importante esprimere i concetti principali uno alla volta, verificando che la persona abbia compreso, e porre particolare attenzione nei confronti del linguaggio del corpo, ritenuto indice di quanta importanza diamo alla discussione, evitando distrazioni, come ad es. usare il computer mentre si parla, e concentrandosi sull’utenza. I genitori dovrebbero anche essere avvisati di come affrontare gli effetti collaterali attesi (es. febbre, gonfiore nel sito di inoculo, etc.). È altresì importante comunicare il rischio associato alla vaccinazione nel suo complesso, non solo elencando gli effetti avversi minori e attesi, ma anche quelli più rari e severi, valutando a seconda del genitore che si ha davanti se descrivere con parole o in termini numerici la probabilità di osservarli. Se si decide di utilizzare i numeri, è preferibile utilizzare le percentuali rispetto alle frequenze (es. 10% VS 10 su 100).
Nei confronti dei genitori “vaccinatori titubanti, tardivi, selettivi, o rifiutatori” l’intervento potrebbe prevedere un colloquio motivazionale dedicato, durante il quale utilizzare specificatamente tecniche di counselling. Il counselling vaccinale è un processo di informazione e formazione personalizzato, secondo le caratteristiche della persona a cui è rivolto, per promuovere e potenziare la capacità dei pazienti a prendere una decisione autonoma ed informata nei confronti della vaccinazione. Scopo dell’intervento di counselling non è convincere, persuadere, consigliare o dare direttive, ma piuttosto facilitare i processi decisionali attraverso uno stile guida che privilegi una relazione ed interazione tra le parti (Tabella 4).
Un counselling vaccinale efficace e corretto si basa sulla capacità da parte dell’operatore di ascolto attivo e riflessivo, rivolto non solamente alla comunicazione verbale, ma anche proteso a cogliere tutto quello che l’interlocutore comunica tramite il linguaggio non verbale (mimica facciale e gestualità, postura, pause, etc.). L’approccio dell’ascolto attivo pone il paziente su un piano equivalente a quello del medico, mentre l’ascolto riflessivo presuppone che l’operatore prenda la parola in momenti chiave della discussione, riformulando ciò che l’interlocutore ha appena detto e fornisce alla persona la sensazione di essere stata compresa e può essere utilizzato come stimolo per condurre il paziente ad elaborare le proprie opinioni. Nel corso del colloquio, l’operatore deve controllare la tentazione di minimizzare i dubbi e, al contrario, deve cercare di capire le preoccupazioni espresse usando risposte empatiche e domande aperte per meglio indirizzare la conversazione. Le domande aperte sono volte ad indagare se vi è una tendenza al cambiamento, ad es. l’operatore può incoraggiare il genitore ad esplorare i pro e contro delle proprie decisioni, facilitano l’istaurazione del dialogo e richiedono al paziente di esprimersi in maniera elaborata.
A titolo esemplificativo, si riportano i passaggi chiave di un colloquio motivazionale, che l’operatore può tenere come traccia allo scopo di far arrivare il paziente ad una scelta serena e consapevole:
- ascolta ciò che i genitori sanno, le loro preoccupazioni e i loro dubbi;
- accoglie le reazioni emotive di resistenza, ansia, ostilità;
- focalizza il problema, dando definizione chiara della richiesta della famiglia, senza frapporre proprie interpretazioni;
- da un’informazione personalizzata;
- valorizza e attiva le risorse dell’utente;
- focalizza e definisce un obiettivo concreto, realistico, realizzabile, condiviso e negoziabile con quella specifica famiglia in quella specifica situazione;
- esplora possibili soluzioni;
- facilita la decisione;
- amplia le scelte.
Tabella 4. Strategie utili e inutili per affrontare le preoccupazioni dei genitori sulla vaccinazione durante il colloquio motivazionale (Modificato da: Leask, 2012)
INUTILE |
UTILE |
Stile direttivo – “questo è quello che dovresti fare” |
Stile guida – “posso aiutarla? |
Utilizzare le informazioni e la persuasione per ottenere il cambiamento |
Attenzione al linguaggio del corpo |
Omettere delle informazioni |
Carpire le preoccupazioni |
Utilizzare un linguaggio complesso (“gergo” medico) |
Chiedere il permesso di dibattere |
Minimizzare i dubbi |
Ascolto/empatia |
Enfatizzare la sicurezza dei vaccini |
Stimolare al cambiamento |
Screditare le fonti di informazione dei genitori |
Segnalare fonti di informazione scientificamente corretti |
Un counselling efficace può permettere la diffusione delle informazioni con un effetto a cascata ad altri utenti, sebbene questo effetto sia molto spesso vanificato dalle false informazioni che continuano ad essere facilmente pubblicate sui social media e su internet. Inoltre, i “vaccinatori tardivi, selettivi, o rifiutatori” spesso si affidano proprio a questi mezzi, scartando le fonti informative ufficiali.
Una revisione sistematica della letteratura ha mostrato prove a sostegno dell’utilizzo di campagne informative tramite siti internet validati, reminders mediante sms o e-mail degli appuntamenti o l’utilizzo delle banche dati per individuare fasce di popolazione a rischio da chiamare attraverso reminders computerizzati, nel favorire l’aumento delle coperture vaccinali, mentre poche sono le evidenze attualmente disponibili rispetto all’utilizzo dei “new media” come fonti per veicolare informazioni corrette. Pertanto, gli operatori sanitari sono sempre più chiamati, anche a livello personale, ad utilizzare il web e a sperimentate nuovi linguaggi, in cui affiancare alle informazioni scientifiche di fonti autorevoli strumenti comunicativi basati anche su storie ed emozioni.
Infine, a supporto del professionista, diversi sono gli strumenti messi in campo per contrastare il fenomeno della vaccine hesitancy, facilmente consultabili per il professionista. L’OMS nel 2013 ha pubblicato il manuale “The Guide to Tailoring Immunization Programmes – TIP (Guida a programmi di immunizzazione fatti su misura)”, nel quale sono indicati strumenti per identificare le popolazioni suscettibili, determinare le barriere alla vaccinazione ed implementare gli interventi basate sulle evidenze. La London School of Hygiene, attraverso il progetto “The Vaccine Confidence Project”, monitora lo stato della vaccine hesitancy nel mondo allo scopo di individuare precocemente nuovi motivi di preoccupazione da parte dei cittadini nei confronti delle vaccinazioni per proporre soluzioni e risposte tempestive. Il progetto Vaccine Safety Net (VSN) dell’OMS tenta di contrastare la disinformazione presente in internet, elencando i siti in tutto il mondo che contengono informazioni certificate e si attengono a standard di qualità̀. Un ulteriore strumento, messo a disposizione da TeamVax Italia e dedicato ai genitori e a tutti coloro che desiderano migliorare la comunicazione sul tema dei vaccini con i propri pari è il toolkit “Non esitate: parlate di vaccinazioni ai vostri amici dubbiosi con empatia e fiducia”,nel quale vengono indicate modalità comunicative efficaci sul tema dei vaccini.
Glossario
- GDLIS: Gruppo di lavoro interscreening sulla comunicazione
- GISCI: Gruppo italiano per lo screening del cervicocarcinoma
- GISCOR: Gruppo italiano screening colorettale
- GISMA: Gruppo italiano screening mammografico
- HPV: Human Papilloma Virus
- IPIB: Identificazione Precoce ed Intervento Breve
- MCNT: Malattie Croniche Non Trasmissibili
- MMG: Medico di Medicina Generale
- MPR: Vaccino anti-Morbillo-Parotite-Rosolia
- OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità
- ONS: Osservatorio Nazionale Screening
- PNPV: Piani Nazionali di Prevenzione Vaccinale
- TIP: Tailoring Immunization Programmes
- SAGE WG: Strategic Advisory Group of Experts on Immunization – Working Group
- UA: Unità Alcoliche
- VSN: Vaccine Safety Network
Bibliografia
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Le 100 domande sull’HPV (2015) Gisci (disponibile su: www.osservatorionazionalescreening.it)
Le 100 domande sullo screening colorettale (2008) GISCOR (disponibile su: www.osservatorionazionalescreening.it)
Le 100 domande sullo screening con la sigmoidoscopia (2010) GISCOR (disponibile su: www.osservatorionazionalescreening.it)
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